mercoledì 7 agosto 2013

Verso Firenze. Il caso non esiste...



Ore 8.50. Sveglia.
Non mi sarei mai alzato; il clima della camera era perfetto: fresco e rilassante, nessuna zanzara. Mi piaceva. Tant'è, mi sveglio e mi alzo, oggi la strada è lunga: 270km circa, attraverso la via Aurelia e la statale 69. Meta Firenze. Apro la finestra della stanza e mi saluta un timido sole. Lo squarcio di panorama è comunque invidiabile, vedo il locale in cui ho mangiato la sera prima, la cima del monte che non so ancora di dover attraversare e gli orti delle case vicine. Qui ogni abitazione ne possiede uno. L'aria è tersa.
Lestamente passo dal bagno per scendere a fare colazione. Esco ed Ivo, il proprietario del B&B, mi nota prima che io cominci a pensare ad un modo sonoro ma educato di farmi sentire e richiamare la sua attenzione.
Salgo da lui ed apprendo, sorseggiando in caffè, che prima abitava a Milano e che si è trasferito per cambiare aria, per vivere una vita diversa - esa in tasse - e tranquilla.



Esco, saluto i gatti, c'è ne sono un sacco, e vado a prepararmi per l'attraversata. Entro nel mio appartamento. Sistemo tutto e, senza bagagli, vado a veder se la Lambretta è ancora in mezzo alla strada, dove l'avevo lasciata ieri. Fuori dall'uscio trovo una carcassa di topo, a cui prima non avevo prestato attenzione. Piacevo ai gatti, mi hanno fatto dono della loro colazione; e se il buon giorno si vede dal mattino... Scendo una miriade di scalini malmessi e all'ultimo un rumore mi incuriosisce: un rivolo d'acqua attraversa il bordo strada. Capisco che è il metodo che qui si usa per l'irrigazione degli orti, tutti abbarbicati sui lievi e morbidi bordo strada. Lancio l'occhio più in là: il mio ferro è dove doveva essere! Sorrido e sospiro... Tutto regolare! Anche per la Panda della sera prima!






Riporto giù tutto, pronto al carico. Sistemo all'istante e astutamente il problema al supporto gomma che si era rotto il giorno precedente, mi guardo in giro, saluto una signora anziana che mi fa notare che è una mattinata calda e, dopo aver chiesto indicazioni a destra e a manca sulla strada da percorrere, pedalo e parto. È già tardi. Le nuvole in cielo mi insospettiscono ma non ho grosse alternative: devo andare... Direzione: il primo paese segnalato, ossia Varese Ligure. Non è lontano ma ci son due monti da scavalcare, poco sopra i mille metri ciascuno. Da Varese in poi tutto dovrebbe essere più semplice. In teoria...








Percorro la strada senza intoppi particolari, assaggio la prima pioggia da quando sono partito e faccio qualche particolare incontro: sulla sinistra della carreggiata, ammansite dalla dolcezza del luogo e dal pasto, un piccolo capannello di mucche sta sdraiato. Mi fermo: mi guardano, io guardo, loro mi guardano. Stringiamo tacitamente un accordo di non belligeranza, ci lanciamo l'ultima occhiata, quasi certi di non vederci più. Riparto. L'asfalto è umido e nell'aere c'è profumo di pioggia, la qual non voglio assolutamente testare sulla mia pelle.



Odio quei disgustosi poster dei musicisti della fiera paesana ad alta popolanità! Lo so, già detto. Ma... Non lo faccio apposta, ma non riesco a non vederli... A a non fotografarli. Tra l'altro rivedo in una di queste locandine giganti gli antenati dei Folkstone e provo timore per la sorte di Dj Prezioso.





Corro, esagero; sceso dai monti ora si corre di più, e accelero per recuperare quella sensazione di reattività che mi mancava da un po'. Voglio arrivare a Varese Ligure, subito, per non bagnarmi troppo, visto le già insistenti gocce di pioggia.

Varese L. 353 m sul livello del mare.
Arrivo, acceleratore spalancato. Ed enorme delusione. Non c'è nulla.
E invece no. Mi sbagliavo! Dopo una curva una torre mi appare quale simbolo di civiltà e subito dopo uno storpio, alla mia vista, alza entrambe le stampelle al cielo! Mi accoglie come un vincitore, un messia, come si accoglie l'imperatore che torna vittorioso dalla guerra... Neanche mi aspettasse. Rimango incredulo. E mi fermo al bar successivo. Una vineria, l'ora è propizia, mi presento all'oste ed ordino un rosso; mezzogiorno è già passato.
Mentre attendo, noto con piacere che le donne del luogo sfoggiano dei seni, delle poppe, non indifferenti! Anche le straniere che passeggiano sul marciapiedi!
Fuori, sul tavolo accanto al mio, alla destra, delle ragazze indigene si dimostrano poco raffinate ma efficaci. Intuisco dai loro discorsi che una è di origine albanese, ma ha pure una flessione ligure invidiabile!
E tuttavia non manca il lavoro rurale...







Alla mia sinistra invece una coppia di stranieri, corredata da bimbi, sorseggia del vino bianco ed ordina del cibo. L'uomo, dopo un po', incuriosito dal mio destriero, e vedendo in me il proprietario - a dire il vero avevo il casco ben in vista - inizia una conversazione che tengo con il mio inglese non perfetto ma per lo meno ben comprensibile, per il quale ricevo anche un timido complimento. Sovrano della conversazione, mi viene offerto del vino, che non rifiuto: vengo a sapere che in Svizzera - l'uomo è di origine tedesca da parte di mamma, di babbo iraniano e tuttavia risiede in Repubblica elvetica, patria della moglie, insomma un bella mescolanza di etnie- non sanno che il nostro ex premier ha dato della "culona" alla Merkel, e che anche in Germania le cose funzionano, a coruizione, come in Italia. Vengo a sapere che è un commerciante di borse e tessuti, parliamo di affari; racconta che ha tre figli di cui una coppia di gemelli, che dice essere venuti al mondo dopo aver bevuto due bicchieri di troppo -lui voleva solo una bambina da accompagnare al maschio più grande-... inoltre mi dice tante altre interessanti cose sulla politica tedesca. La chiacchierata si esaurisce con il contenuto della bottiglia e prima che mi venga offerto dell'altro, pago il conto e salgo in sella, non senza prima aver lasciato un mio contatto per la compravendita di una Lambretta italiana!
Parto e foraggio, subito dopo una curva, i cavalli. A peso d'oro.
Sono le 15 quasi. Sarà una sfida arrivare a Firenze ad un'ora decente...




Lungo il percorso resto impressionato dal freddo di una galleria. Non lunga, ma gelida.
All'altezza di Brugnato, mentre cerco di capire dove devo andare, incontro un ciclista tedesco che mi chiede indicazioni per La Spezia. Ne sa più lui di me, tant'è che alla fine è lui ad indicare la via. Mi dice che sta andando a Trapani. Trapani??? Si, Trapani; e solo con le sue gambe: "no petrol, only legs!". Gli stringo due volte la mano, se lo merita... lo sorpasso e lo saluto. All'altezza di massa, dopo aver ben corso, un anziano signore in scooter, dopo essersi accostato più volte a me, mi ferma e mi dice, attendendo che la luce del semaforo scendesse: "hai anche una ruota un po' sgonfia". Gli rispondo -fingendo di guardare e sorridendo- che l'avrei gonfiata poi. La cosa che mi ha fatto sorridere però, è come me lo ha detto. Più che altro è quell' "anche" che mi ha colpito. Perché se ho "anche" una ruota sgonfia, significa che c'era dell'altro che non andava, e che quello era solo il termine di un ragionamento più ampio. Avrà notato l'insieme delle cose... Chissà!
Subito dopo, altro semaforo, odo della musica a volume smodato. Mi volto e penso ad un giovinastro. Mi ritrovo un sessantenne alle prese con musica brutalmente commerciale.
Sulla Aurelia, all'altezza di Pisa noto che è già l'ora delle prostitute. Già agghindate e lucidate. Proseguendo vedo sedie ai bordi di una strada secondaria. Un po' di comodità non fa male penso, mentre accelero e scattante volgo alla volta di Firenze, non senza prima aver pensato ad una pausa, in una pasticceria dal bagno rumoroso: vi era una ventola che, con il suo cigolio, sarebbe stata degna protagonista di una canzone in stile idustral metal. Non l'ho potuta registrare, un vero peccato per gli Enkel Vag! Scalcio e pianto gli speroni sul ventre del mio purosangue. Ho fretta.











Passo Scandicci in incognito per non dare nell'occhio, o meglio, nell'orecchio. Motore in quarta a filo di gas. Mi scappa una accelerata. Massì, oramai sono alle porte di Firenze, e quando accelero la mia Lambretta non fa rumore, ma musica! Assaporo il profumo dell'Arno, da qualche chilometro ora mai. Quel profumo che si chiamerebbe odore se fossi a casa, ma che qui è fragranza di acqua stantia. Firenze è mia, conquistata dal messia che fa roteare in aria le stampelle agli infermi e che lotta alla pari con gli elvetici persiani!






Arrivo a destinazione: un amico mi ospita al "centro di spiritualità". Il nome? SICAR! Un nome in programma. È qui con dei ragazzi della sua parrocchia. La mia camera è la sala intitolata a "Gesù Maestro". Non può esser una coincidenza... Il caso non esiste...



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