venerdì 31 luglio 2015

On the road. 30 luglio. Perfettamente in tempo.

Non ho mai fatto così fatica per far tre passi. Neanche li avessi fatti a piedi...

La sveglia non serve. Inutile. Come tante altre cose che faccio. La metto più per scaramanzia che per altro. E quindi mi sveglio. Oggi sarà una giornata impegnativa. E va bene, la cosa non mi spaventa. Già sento la musica venir dalla cucina. La famiglia è già attiva, prima della mia attività ufficiale. Prima di alzarmi spedisco messaggio in Italia ed in Olanda. Il caldo fosse non aiuta le comunicazioni. Ma mi disinteresso subito alla cosa, mi viene naturale... Rito del bagno a parte, esco in cucina, sorridente. Le donne di famiglia sono in cucina; saluto e mi metto al banco della colazione, lo stesso della sera precedente. Uh. Che abbondanza di tutto. E che torta, fatta da Cristina! Una cosa esagerata! Al cioccolato, e la accompagno con caffè nero, caldo. Ah! Si. Che spensieratezza. Passo mezz'ora senza pensare e senza mangiare solo per rimanere lì, seduto, a guardare fuori della finestra. Noto delle nuvole... Ma non mi preoccupano, inutile pensarci ora, è solo metà mattina. Ed il tempo, in verità, è peggio di me, fa quel che vuole! Quindi... Mi accontento del sole locale. Mangio. Entro in camera a sistemare tutto. E penso alle foto.

Quali?

Quelle che farò - o meglio, saranno fatte- tra poco alla giovane Pin-up, fan di Marilyn Manson, che abita questa casa. Ieri mi è stato chiesto se fosse possibile fare delle foto. E io non sono geloso della mia Lambretta, sana ed affidabile! La presto volentieri allo scopo! E finita la colazione, regolo il conto dell'alloggio e del vitto serale, e preparo il ferro celeste per il set fotografico.

Ambientazione agreste, bucolica. A servire da sfondo i  campi coltivati e una tettoia. Inquadrati un paio di elementi; attorno,una flotta di persone. Telefoni alla mano, e via alle foto. Quanto è carina, quanto è bella, lei, la mia celeste. Troppo luccicante, si, perlamiseria, ma... Rimane sempre lei. Aggressiva dal cuore di alluminio, pugno di ferro in guanto di velluto. Sta bene anche con una "vagina" seduta sopra! Che versatilità!

E mentre penso tutto questo rido. E anche abbastanza. Finito il servizio arriva il momento di caricare! Salgo in camera, prendo tutto e provo a partire. Saluto le persone che mi sono state vicino per le ultime 15 ore e scalcio fumante verso la valle. Scendo ripidamente la veloce discesa: direzione Borgo Val di Taro.

Corro lesto poiché il tempo non sembra dei migliori a nord, dove sono diretto. Nuvole bianche all'orizzonte sembrano panna montata sopra le montagne. So cosa portano con loro. E non voglio esserci quando penseranno di liberarsene. Da Pontremoli sbaglio strada. Caspita, stavo già per dirigermi a Parma, senza saperlo. Mi oriento e indietreggio, in discesa, per un paio di chilometri... Mi rimetto sulle retta via e senza tema accelero. Questa strada mi piace, mette paura ogni tanto, ma è bella e ha carattere. In verità non credevo di dovermi impegnare nel superamento di qualche passo montano ma non ho alternative. Col giubbotto di pelle adeso alla mia epidermide proseguo oltre il primo passo a quasi 1000 metri sul livello del mare. Un'alta marea potrebbe far variare questa misura. Ma non importa. Anche di qui son passato! E vado oltre, verso Borgotaro. Nell'approssimarmi al paese ho un presentimento. Anzi, due. Il primo: presumo di aver sete, e di voler bere; acqua, ma anche vino. Non insieme. La prima propedeutica al secondo. Due: quanta miscela mi rimane realmente? Assolvo subito alla cosa più grave, il mio abbeveraggio. Arrivo in piazza Farnese, mi volto. Bar. Mio. Fermo. Scendo. Entro. Sorrido. Lambrusco. Siedo. Una cameriera mi porta quanto ordinato. E Che soddisfazione! Chiamo Giacomo, con lui sono d'accordo per esser a Piacenza nel pomeriggio per poter cenare assieme la sera. Nel frattempo cerco un BeB. Giacomo è un amico, condivide con me la passione per i ferri vecchi, e mi ha aiutato nella strada per il primo tour. Lo vado a trovare volentieri, e lo incontrerò nel pomeriggio. Nel frattempo il tempo muta, sono le due e penso che sia meglio sbrigarmi. Dimentico della miscela accelero e striglio il mio glabro ammasso di equini sulle ruvide appendici toscoemiliane. Accelero gravemente, non ho pietà. Verso Bardi rimembro la miscela. Cerco e trovo, preoccupato, il distributore. Molto bene. Chiuso. Io, in verità, non credevo più possibile il fatto di trovare un distributore chiuso. Con orari ben definiti per l'erogazione di carburante e senza self! Per non parlare del fatto che, il mercoledì, l'esercizio rimane comunque chiuso. Altri tempi... E altro distributore da cercare. Aggancio il gps alla rete dei distributori: Bore. Qualche chilometro più in là e prima di sapere di dover oltrepassare un altro passo. Passare il passo è un passatempo ansiogeno sta volta. Non voglio spingere a mano, a piedi, la mia mula... Corto e spero. A spanne non andrò nemmeno in riserva, e per sicurezza non controllo per vedere se ho ragione. Controllare non serve. La sicurezza di arrivare basterà. E così è.

Sotto le prime gocce di pioggia arrivo al distributore che non accetta il nuovo conio decinale. I nuovi 10 euro non gli piacciono. Entro in un bar e chiedo un vecchio foglio in cambio del mio, che spero il macchinario accetti. Inserisco. Prego che il distributore accetti. Metto l'olio. Rifornisco. Quasi pieno. Chiudo tutto, le due gocce di pioggia se ne vanno, lo sapevo che anche questa volta non avrebbe piovuto... E guardo il cielo, che sempre mi è favorevole! Sempre!

Riparto tra gli sguardi dei vecchi del bar antistante il distributore, non serve un apparecchio acustico per sentirmi o occhiali per notarmi! E volo via tonante!

Posso sfogare ora la mia gioia allontanandomi dalla pioggia, e corro non curante del consumo di carburante! Passo paesi e case, paesaggi stupendi ed anguste vie. Verso Piacenza, meta di oggi, splende un timido sole. Mi fermo per trovare un BeB per la notte. Trovo e chiamo. La signora risoluta mi offre anche il suo garage... Trovo Giacomo dopo le 18. Mi accompagna con la sua fiammante Lambretta 125 seconda serie al mio dormitorio, che sorge nel centro della città. Ma non nel centro generico, ma proprio nel centro specifico, al quadrivio formato da Cardo e Decumano. Il centro, base di partenza per la fondazione di Piacenza. Al sesto piano di un vecchio edificio trovo la mia camera. Non prendo l'ascensore per salire e la signora mi scambia per un tipo atletico. Non le rivelo che sono solo stupido... Lascio il mezzo in custodia al garage, salgo e mi lavo. Esco a cena con delle splendide persone, e mangiamo carne e beviamo vino. Nel locale tutto va bene, anche le cameriere. Voglio poter ricambiare. Li attenderò ad est. E intanto scende la pioggia, quella seria. Ma per oggi basta. E muoio di sonno, tra i denti aguzzi di Morfeo.

giovedì 30 luglio 2015

On the road. 29 luglio. Epic.

Non attendo la sveglia, è lei ad attendere me. Aspetta che mi svegli, e suona, un'ora dopo...

Ore 7.59. Sono sveglio e voglio dormire. Respiro a fondo e mi rigiro. E giro ancora. Dormo disteso da sveglio, come un vampiro, solo che non aspetto il buio. Il materasso è confortevole, tutto mi fa pensare che stare a letto va bene. Va benissimo. Fa benissimo. E obbedisco... Fino alle 9.01.

Mi alzo, apro le finestre, osservo il panorama, in mutande, a petto nudo. Che spettacolo questa corte, costellata di vecchie case e mattoni. Bello. Etereo. Lieve. Come l'aria fresca nelle narici. Mi dedico alla mia persona, passando per bagno. Torno in camera, assemblo le stesse cose di ieri e mi vesto. Alla buona, tanto per far colazione. Al piano di sotto tutto è già pronto. Caffè, biscotti friabili bianchi, pan tostato e carta e penna. C'è un concorso indetto dai proprietari del BeB: massimo 40 parole. A vanvera. A scelta. E io so scegliere a vanvera, lo so fare. E lo so far bene. Premio: una notte gratis presso la struttura. Non so se vincerò, ma non me ne curo, e scrivo le ultime due frasi del mio vagabondare quotidiano, buttate giù la sera prima. Hanno carattere. Piaceranno. E mentre scrivo mi abbandono alla colazione selvaggia, compresa una dose massiccia di caffè. Non necessario, ma pure utile, assieme a quei buoni biscotti. Che pacchia! Che bello!

Lascio la sala e torno in camera, per preparare le borse. Ripasso in bagno, prendo le mie cose, serro tutto e una volta sceso, esco. Carico il mio somaro di razza, stringo i paramenti, monto in sella e. Basta.

Scendo.

Mi sono dimenticato di tirare il filo della frizione, ieri non mi sembrava a posto, pur a frizione in azione il mezzo tendeva ad avanzare, senza forza, senza irriverenza, ma con quel po' di sfrontatezza che non mi piace. E quindi, da dottore qual sono, plurilaureato e col beneficio della lode, opero. Giù il cofano. Recupero la chiave da 10 nel vano sotto sella - scomodo, caspita, cazz- la estraggo dalla tela, bianca - una volta- e agisco. Svito di un paio di giri la vite di regolazione, e stabilizzo tutto. Tampono le mie mani, madide di sudore e cosparse di olio, e torno in bagno a ripulirmi. Asciugo, scendo. Chiudo. Salgo. Saluto mosche e cavalli. Metto nella stiva un pacchetto di biscotti che Elisabetta mi ha regalato. Scalcio. Vado. Fumante lei, scoppia di salute! Che ecologica bellezza! Che puledra!

Da qui sarà tutta SS12, fino a Pievepelago. La SS12 è bella, sinuosa, tortuosa, oggi particolarmente ventosa, ed insidiosa. Buche ed ostacoli non mancano. Ma li supero tutti. D'altra parte son quasi solo su questa via, un cavaliere solitario... Con calma, risoluto, arrivo a quasi 1200 metri di altitudine. È verso questo apice sommo che noto uno dei pochi mezzi in circolazione andare a velocità sostenuta nella mia stessa direzione. Una panda, color della neve, nuova, a metano, condotta da una bianca suora, mi sorpassa... O sorella. Che il buon Altissimo la benedica!

Si allontana, non veloce, ma più solerte di me nel pigiare l'acceleratore verso la sua meta. Per il resto tutto scorre liscio e bello. In poco tempo sono a Pievepelago, tappa designata per il rifornimento mio e della mia docile belva di montagna. Olio e benzina. E vino per il conducente, pur io devo carburare! Mi fermo ai rispettivi bar, per lei 6 litri di benzina, per me un bicchiere di rosso. In questa occasione lei beve più di me, lo so. Ma rimedierò. E dissetati, sotto venti favorevoli, voliamo verso Passo delle Radici. Il paesaggio è incantevole, colorato - per quanto ne possa capire- e profumato. Ogni tanto qualche folata di liquame  interrompe il profumo dell'erba e di qualcosa che non so descrivere ma che ho sentito solo qui. Un profumo che si fa inseguire, ma che non riconosco un altre cose. Seguo il mio olfatto, come un signore, un baffo, che trovo sulla strada segue con lo sguardo la mia lambretta, decidendo alla fine di salutarmi. Che coppia! Le nostre livree luccicano al sole! Fino alla meta, posta a 1529 metri.

Arrivo in seconda marcia. So che questo è solo uno stop provvisorio, una sosta breve. Voglio infatti arrivare a San Pellegrino in Alpe, più in alto. Mentre sosto nel parcheggio della foce delle Radici e osservo la strada che mi attende, l'occhio mi cade su una scritta, bianca, impressa sull'asfalto. Una freccia stilizzata sormonta la parola EPIC, e punta la strada che sto per percorrere. Senza dubbio. Appoggio un piede a terra, tolgo il cavalletto, mollo la frizione mentre accelero. D'un tratto arrivo a 1796 metri. Mi avvisa un simulacro cristiano... Vedo San Pellegrino, ed è tempo di fermarsi. Bar.

Parcheggio. Scendo. Osservo. E la prima persona che vedo è Capitan Findus. È lui, che invecchiato ora porta gli occhiali, in compagnia di Mortisia Adams. Rubo una foto, non per privare qualcuno della propria immagine, ma per poter esser creduto. Entro, ed ordino. L'ordinazione richiede del tempo, circa 10 minuti. Non so bene il perché, ma un bicchiere d'acqua e uno di vino ci hanno messo del tempo ad essere pronti sul banco del bar. Ed in verità, devo anche dire che non mi interessa punto di quanto tempo ci abbia messo quel signore tremante a preparare tutto, poiché nel frattempo mi ritrovo ad osservare una partita a carte tra due anziani giovanotti. Di uno, però, so una cosa: l'amico pensa che possa vincere anche con degli stracci in mano, l'ho sentito, l'amico, confidare tal segreto all'oste. E caspita, mi vien voglia di vincere a quel tavolo. Ma il proposito è insano. Su. Dai... Lascio tutto per i bicchieri. E mi accomodo fuori, così non ci penso più. Sosto mezz'ora, al fresco, tra Capitan Findus e un nuovo compagno d'avventura, il cosiddetto "idrovora". Idrovora, toscano vegliardo, calvo e azzurro, in compagnia della sua Amelia, appariscente bionda cotonata, non sta zitto un attimo; racconta e dice: "Amelia hara, se te tu saphessi... Quella hosa che ti discevo...". Idrovora sta zitto solo per rafforzare il suo soprannome. Idrovora... succhia il gelato con la cannuccia dal suo bicchiere, e fa un rumore che lo si sente fino in valle. Idrovora ad un certo punto mi ha proprio deluso; finisce il gelato. Proprio mentre io finisco o il vino. Allora entro. Guardo il tavolo dei giocatori di carte. Guardo il banco. Pago il conto di ben 1 euro. E me ne vado, scalciando il pedale del mio bolide a 10 centimetri dal povero idrovora...

Il paesaggio è incantevole. Ma la discesa che mi attende verso Castelnuovo di Garfagnana è olimpica. Perlaputtana, che ripida! Ricorda quella dell'Aprica che feci di notte... Ma che impressione! La percorro coi freni tirati, tutti! E me la cavo con stile, giù, verso la valle. Una volta sceso le strade cominciano a comporsi, a dividersi, a dirimersi. Ma... Quella scritta, quella freccia. EPIC. Lei non mi abbandona. Ogni volta che perdo la retta via ritrovo lei, stampata sull'asfalto; dopo la seconda volta, decido allora di seguirla, tanto non ho meta, non ho compiti. Vado ad istinto, intuito, e non sbaglio.

EPIC, con freccia. La trovo sulla strada. Lo stilemma sembra lì per me, ma prima di me qualcun altro sarà stato EPIC! Ma non importa, ora lei è per me. E seguendola arrivo fino ad Aulla, sulla strada poi per Pontremoli. Che spettacolo! Esattamente dove dovevo andare, senza quasi impiegare cartine. Non voglio pensare al caso...

Verso Pontremoli chiamo per recuperar un posto per la notte. Trovo un BeB. Lo raggiungo. Ad attendermi una bella famiglia, con due ragazze carine, sorelle. Stile Pin-up! In pendant con il mio selvatico ammasso di puledri. Mi preparano anche la cena, gentilissimi. Passiamo il dopo cena a discutere, tutti assieme, in salotto. Tutto piacevole. E tutto va. E domani si riparte...

mercoledì 29 luglio 2015

On the road. 28 luglio. Dormo coi lupi.

Dormo. Abbastanza per aver bevuto una FantaLemon+Menta con GiordanoVag. Non siamo soliti a questi strappi alla regola... Non di lunedì sera.

Mi alzo, senza nemmeno svegliarmi. Controlli di rito: bagno, cucina, mail, borse, scarpe incollate di fresco, caricabatterie per il telefono e chiave da otto - da mettere in tasca - non si sa mai. Chiudo le borse. Chiudo le persiane. Scendo dal nonno prima di caricare e mi assicuro che la sua ottuagenaria prostatite sia in celere e risoluto miglioramento. Lo sento bestemmiare ed inveire contro mia nonna. Il vegliardo sta bene, senza dubbio. Minge che è una meraviglia - brutto a dirsi, ma per chi non ha mai provato tal difficoltà prima degli ottant'anni...
Decido di partire ed ovviamente non lo saluto ufficialmente. Gli dico solo che torno dopo. Molto dopo. Torno al mio piano, il primo. Scendo e carico tutto. Apro la porta che da sul cortile, scalcio e vado. Dopo 100 metri son già fermo per salutare la mia mamma e mia sorella. Il babbo non c'è. Pazienza. Se non mi vede sa che sto bene... Bevo un bicchiere d'acqua in un sol sorso. Penso che tutta la mia vita avrà quella sensazione di semplice leggerezza, quella che sta nel trangugiare, senza respiro, un bicchiere d'acqua liscia e fresca. Contemplo il cielo. Decido che si va. Scalcio una sola volta la fiera celeste e mi volto. In quel momento arriva il mio babbo, lo saluto in corsa, con un cenno della testa. So che mi ha visto e pensa: "speriamo metta la testa a posto... ". Fa un cenno anche lui... Lo ammiro per la sua testardaggine e la sua tenacia. E anche per la sua speranza.
Accelero.
Pochi chilometri e mi fermo. Dieci e quaranta. Tappa obbligatoria con uno dei miei angeli custodi alla partenza degli scorsi tour. Elena.
Sono stato il testimone delle sue nozze, nemmeno un mese fa. Ci vogliamo bene, da molto tempo. Ha deciso che almeno uno saluto lo deve portare anche a nome degli altri. Caffè, brioche, spritz e prosecco. Chiacchieriamo un'ora, poco più, in un bar quasi anonimo, fuori dal centro, senza ombrelloni parasole. Parliamo. E parto, prima di mezzogiorno, per poter essere a Ferrara in tempo per recuperare l'olio miscela dal mio fido meccanico. Percorro la SS16, che oramai pensavo di conoscere. Solo che non ricordavo tutte quelle curve. L'ho fatta di notte, vero, ma... Mi pareva più diritta! Cioè. Mi pareva solo dritta!
Ma non importa, so dove devo arrivare... Ma lungo la strada mi imbatto un un paio di cose che mi fanno sorridere. Incontro un cartello plasticato che reclamizza la festa della trippa. "vota la trippa", che ambiguamente mi fa pensare a ventri gonfi e tronfi di omoni di paese, esposti al pubblico ludibrio... Tutto ciò a Battaglia Terme, non lontano da casa in verità!
Proseguendo vedo un fumo esageratamente scuro e denso, in lontananza, già verso Rovigo. Non deve essere un pagliaio a bruciare...
La strada va, e scorre sotto le morbide e calde gomme, senza intoppi. Incontro molti autovelox che si rivelano inutili per me, un po' perché ho il contachilometri in panne dall'incidente dello scorso anno, un po' perché comunque vado con calma, e degli autovelox non li interesso punto. Non fanno per me, non oggi. E in due ore sono a Ferrara. Mi attende Alberto e l'olio per miscela. Lo trovo facilmente, a casa. Gentilmente scende dal suo appartamento con due litri di ottimo olio per miscela. Uso solo quello è lui è il mio pusher ufficiale! Chiacchieriamo un'ora, di motori, lavori, cose varie... Gli sottopongo il suo motore per una veloce visita. Responso: finché va, non ti preoccupare... Obbedisco, lo saluto e mi muovo verso sud. Attraverso con spirito la pianura che da Ferrara muove verso Modena e Vignola. Mi stupisco solo del caldo che ad un certo punto sale dal terreno piano e padano. Atroce. Biblico. Caldo.
Mentre corro ricordo di aver sete. Son già passate le quattro, non ho mangiato e non ho bevuto nulla dalle undici e mezzo. Forse una sosta non farebbe male! E poi, non ho ancora fatto miscela, manca poco per rimanere a secco. Inizio a guardarmi attorno per vedere la possibile preda, meglio dir meta. Trovo un distributore e mi fermo. 10 euro di benzina e una richiesta al benzinaio:un bar. Mi indica, gentilmente, quello davanti al distributore. "UE, ci sono i cinesi eh, ma per rinfrescarti va più che bene!". Ok. Ho sete. Mi fermo, e ordino. Due bicchieri d'acqua. Il bar non era male, diciamo che la clientela non era però delle migliori. In sostanza il nucleo umano era composto da giocatori di VLT, slot machine et similia. Triste come paesaggio. Però noto che lì sono ben accetti, hanno la loro stanza separata, con l'aria condizionata. Un piccolo ghetto. Esco e riprendo la marcia. Non son soddisfatto. Cerco ancora. Passando per Budrie, ad un certo punto scorgo una struttura fatiscente, sulla destra, con impressa una dura e rigida scritta: forno. Poco prima mi accorgo di un accrocchio di anziani, seduti sotto ad un portico coperto da una tenda. E vedo una timida insegna di un caffè. "Non ti curar di loro... Ma guarda e passa", mi dico. Ma passato quel piccolo centro, dopo pochi metri, mi accorgo che la desolazione sembra pervadere molto di quei luoghi. Ho sete. Mi giro e torno al bar di Budrie. Oramai ho deciso. Arrivo. Sosto. Spengo.
La clientela è... Tipica. Il bar è un esercizio statale, senza le pensioni morirebbe, subito. Ma non importa. Le apparenze a volte ingannano. Altre no. Ed infatti... Entro e come prima cosa una scritta, fatta a mano, colpisce il mio sguardo. Sorrido e fotografo per essere creduto... Il locale è fatiscente, l'oste e una oste. In tema con il locale, è quella che a Roma chiamerebbero una "buzzicona". Bassa, capello lungo, raccolto a coda, color grigio variegato bianco, occhiali spessi e tondi e denti distribuiti a caso in bocca. Gentile, professionale, dalla camminata piuttosto posticcia. Mite. Chiedo del cibo, e lei mi offre del pane, con dell'affettato. Qui la moda è dettata dai "ciccioli", grasso di maiale compresso che assicurano essere delizioso. E sia. Panino coi ciccioli. E vino per sgrassare l'ugola. Mi siedo fuori. E noto una cosa, mentre rispondo via messaggio a quesiti olandesi ed italiani. Un anziano ragazzo si pone di fronte alla mia lambretta. Non capisco bene il motivo, ma mette una sedia difronte alla mia lambretta. La osserva. Lo segue una signora. Sempre cliente del bar. Dopo cinque minuti... Un signore sempre della stessa risma si accomoda a fianco a loro. Mi chiedo cosa ci sia da guardare che io non possa vedere. O la curiosità per il mio Bucefalo è talmente forte... Continuo ad osservare, sorseggiando il secondo bicchiere di rosso. E continuo a non capire. Io vedo due cose nella direzione in cui tali personaggi volgono il loro sguardo: la mia lambretta, ed una lapide. Poi sussiste un campo di mais... A meno che non lo stiano osservando mentre cresce...
Non risolvo il mistero. Abbandono la sfida. Pago il conto, salutando la oste. Monto in sella. Saluto la mia triplice astanza e vado. Vignola mi attende. E anche Pavullo! E corro, tra le colline che uniscono Marano sul Panaro e San Dalmazio. Che spettacolo. Che bellezza. Odori e profumi, colori gialli e scuri. Osservo il creato e ringrazio per essere passato di qua. Lesto arrivo al mio rifugio, a Monta. Un BeB trovato per caso. Mi accolgono un paio di cavalli e a seguire i proprietari, amabili e tranquilli. Chiacchieriamo un'ora e mi prenotano una osteria per mangiare. Mi affetto per raggiungerla. Lo avrei fatto a piedi ma, dicono, in giro ci sono i lupi. Io che pur bestia sono, decido di muovermi a cavalli, non con i loro, ma coi miei. Vado in questa osteria, affollata. Mi siedo lentamente ed annuisco alle prima cose che sento, aggiungendo vino e acqua. Mi arriva di tutto, tigelle, gnocco fritto e salumi con verdura. Mi mangiato cose simili... Mi metto a cercare la metodologia corretta per assaporare queste cose e chiedo ad amici e donzelle... E decido che ho ragione io. Assaporo tutto, bevo e festeggio. Non da solo. Al banco un personaggio beve direttamente dalla caraffa il vino spinato, pure lui avrà un buon motivo per festeggiare. Pago il conto è torno al BeB, col freddo. Riparo la cavalleria. Apro la porta. E riposo. Io, coi cavalli, i due asinelli, e i lupi, tutti qui, a farci compagnia.

lunedì 27 luglio 2015

27 luglio. Una mattina come le altre.

Uh! Che giornata!

Mi sveglio, alle 6.00. Non un minuto di più, non uno di meno. Ma non lo faccio volentieri, diciamo che sono stato svegliato. Un rumore assordante riempie i miei padiglioni auricolari. Un diluvio. Ma non un diluvio vero. Una cascata di pioggia, placida, senza un filo di vento. Pacifica. E tanta. Impassibile a tale fenomeno, mi sposto dall'altra parte del letto e mi riconcilio con Morfeo. Attendo qualche ora ancora prima di partire e approfitto per riposare. Sarà sempre poco, ma va bene lo stesso.
Alle 9.26 sono vigile, pronto. Mi alzo, volo in studio, preparo le valigie e via. Non faccio colazione, mi fermerò strada facendo. Non ho appetito ora. Però in bagno devo fare sosta breve, almeno per vedere che faccia mi ritrovo stamattina. Da ceffone, come al solito. Pazienza. Sorvolo.
Apro la porta, scendo le scale con la borsa da scudo sotto braccio. Scalo i gradini, veloce. Assesto il recipiente di tela al garrese del fido ronzino. Torno su a prendere lo zaino, scendo e lo assicuro sul retro del mezzo. Salgo. Chiudo finestre e persiane. Controllo di aver tutto. Quasi. Ricontrollo. Ma prima di essere sicuro riscendo le scale per salutare i miei nonni. Non sanno che parto. Meglio così.
Al saluto però una sorpresa... Il mio vecchio nonno ottuagenario, quello che dice che a me piace girar per paesi, non sta bene... Faccio finta di nulla, trasformo questa partenza in una mattina come le altre. I miei zii e mio cugino, temporaneamente in villeggiatura da me devono partire per un matrimonio a Venezia. No. Non posso partire. E allora decede anche l'idea della partenza pomeridiana. C'è un buon motivo per rimanere a casa oggi.

Nel primo pomeriggio alleggerisco la bestia. Scarico zaino e borsa. Domani è un altro giorno. Domani - forse - si parte.

domenica 26 luglio 2015

26 luglio. Un buon motivo.

Diciamo che c'è tutto o che, se non tutto, per lo meno spero che ci sia abbastanza.

Ho dormito poche ore stanotte, quella manciata di minuti sufficiente a farmi rimanere sveglio per il resto del giorno. Mi rollo qualche minuto nel letto prima di svegliarmi, alzarmi, sciacquarmi e volare una trentina di chilometri verso sud. Levata complicata, ma convinta quella di stamattina! Alle tredici e qualcosa appuntamento da Francesca: pranzo con amici, attori, persone a cui voglio bene. La stessa compagnia che lo scorso anno mi aveva salutato prima della mia partenza. Più o meno la stessa che saluto oggi al mio spavaldo arrivo a bordo di un PK fulvo, portando in dote dell'insalata di pollo - e perché si chiami così tal pietanza, io non lo posso capire. Tuttavia, salutati gli estivi commensali e appoggiata sul tavolo, l'insalata presto svanì, volata via forse col suo pollo, nelle avide ed affamate interiora dei miei goliardici amici. - E brava la mia mamma, sapiente cuoca, osannata da tutti per questa docile portata! -. Complice il buon vino, il buon cibo e la buona compagnia passa il tempo, tra una battuta e l'altra, tra un fervido disquisire e una fetta di delizioso dolce preceduto da un richiestissimo caffè! Evidentemente non sono il solo ad essere tornato tardi la notte precedente, seppur i motivi dei rientri - che definirei oramai quasi mattutini- fossero ben diversi...
Dopo l'amaro però cedo. Crollo. Colto da stanchezza precoce, decido che l'ora per tornare è giunta. Non è mia abitudine, lo so... Ma mi ritrovo esausto. E decido di accelerare verso casa. Devo preparare lo zaino. Non so ancora se partirò domani ma certo è che se non preparo un minimo di attrezzeria di sicuro sarà più difficile pensare di poter partire... E così faccio. Arrivo. Parcheggio. Scendo e con difficoltà mi reco a caricare quasi alla studiata rinfusa un po' di merce per il viaggio: vestiti, camere d'aria, olio per miscela, fil di ferro... Un po' di cose insomma. Il minimo indispensabile.
Un'ora. Non è ancora tardi.
Ho quasi finito. Ma... Abbandono il compito e passo a salutare i miei anziani consanguinei e mio cugino. Stanno mangiando e sto un po' con loro. Allo stesso tempo ricordo cose da portare con me, accorgimenti da prendere... E ricordo che devo aggiustare le vecchie scarpe con della colla... Pensieri.
Ho un abbozzo di percorso in mente. E ho un buon motivo per partire. Non è molto, è vero, ma forse è quanto basta per capire se vale davvero la pena fare una cosa. Io credo che, in questo caso, ci si possa provare.
Saluto e torno alla mia opera di carico. Cerco di concentrarmi, ma c'è sempre una ottima distrazione... I miei amici Vag si troveranno stasera, come al solito, come ogni domenica, tra artisti, musicisti, buoni bevitori e ottimi pensatori. Vorrei essere con loro, a dare il mio buon apporto, mi farebbe piacere e soprattutto non si sa mai come va a finire. Ma decido di portare quasi a termine il carico. Mancherà qualcosa che forse inserirò domani mattina, se lo ricorderò. E forse non sarà importante. O forse basta solo un buon motivo... L'unica cosa che valga la pena caricare.