sabato 9 agosto 2014

Home. One-Shot. Jesi - Padova, 350 km. Sempre con classe.


Oggi sarà una lunga giornata. Lo sento...
Una volta alzati non ci si può più tirare indietro. Almeno non oggi. L'appartamento che frequento soffre di solitudine. Cerco di consolarlo tenendo tutte le porte aperte, cosicché la mia presenza si espanda in ogni stanza, ma questo comporta il fatto di aver luce piena, non appena sotto il sole, in camera da letto. La cosa mi permette di essere mattutino. E di controllare la cartina stradale prima di partire. Oggi la strada sarà molta. Punto verso casa, dopo una capatina in un luogo particolare: Gradara. Quella è la mia meta oggi.
Deciso - in accordo con il mio navigatore virtuale - la rotta, decido anche di puntare le scale per scendere a fare colazione. È già caldo e sono appena passate le nove: gran sole oggi, l'astro si sta assai impegnando, non c'è che dire... Lodevole.
In ciabatte, maglietta e pantaloncini mi guardo in giro. Ma che spettacolo. La luna mi aveva fatto intuire la sera prima che il posto fosse bello, ma ora posso dire: incantevole. Nel mio tragitto tra la porta d'uscita ed un gazebo -dove voglio mi sia consegnata la colazione- sento rumore di "tuffo", d'acqua, di piscina. Volgo lo sguardo a sinistra e... Incredibile. C'è la piscina! Non l'avevo vista ieri, mannaggia... Mi era sfuggita col favore delle tenebre. A saperlo, un bagno iersera lo avrei fatto, quasi senza dubbio! Ma pazienza. Mi siedo sotto ad un chiosco/gazebo, da solo. A due metri da me una famiglia sta consumando il rancio mattutino. Mi viene proposta la colazione: dolci o pane e marmellata? Faccio portare tutto. Perché tanto sarà tutto buono. Ed infatti: la magnifica vista del paesaggio collima con il gusto della marmellata e dei dolci portati.
Nel frattempo continuo ad interrogare il mio telefono per trovare una lesta, ma non trafficata, visto il periodo agostano e la giornata di festa, strada verso casa. E verso Gradara. Interrogo anche i personaggi locali, soprattutto per non rifare la strada bianca della sera prima, che mi è costata qualche giorno di vita e qualche ruga in più...
Paolo mi spiega che è del posto ma abita a Roma da molto e comunque non saprebbe dar sagge indicazioni. Il proprietario della struttura invece, mi offre qualche possibilità in più ma... Sempre su strada bianca. Mi spiega come uscir da quel dedalo ed andare verso Gradara. Cerco di immagazzinare le informazioni datemi, ma sono troppe. Andrò fino ad un certo punto e poi vedrò. Annoto: Barbara, Castelleone di Suasa, Mondavio. E speriamo.
Carico zaino e borsa, saluto i proprietari che gentilmente mi chiedono una recensione su TripAdvisor della loro struttura ed avvio la mia sciancata ma coriacea fiera. Non perde un colpo, non molla mai, ed ha la forza di un autotreno. Ci intendiamo, a vicenda, a pelle.
E così mi avvio, si strade bianche e senza indicazioni per qualche chilometro. Chiedo indicazioni ad un signore che si sta tenendo in forma correndo, e ad un tedesco. Ma non un tedesco qualsiasi: uno di quei tedeschi a cui piace l'Italia, che ha lasciato il suo paese per comprare casa e terreni qui e che probabilmente vive in modo tranquillo con la sua teutonica pensione. Lo vedo spingere una carriola. Sudato. Lo fermo e chiedo. Mi risponde metà in inglese e metà in italiano. Capisco tutto. Indicazioni precise. È un tedesco, è in Italia e conosce le strade meglio dei locali. Lo saluto, e vado, pensando che anche così l'estero compra l'Italia. Perché è bella, è spettacolare e perché per loro, forse, è meno difficile viverci, certe volte.
Tuttavia vado, e trovo agilmente la strada, con intuito e con la mappa. Vado spedito tra le colline.
Fino a Montecchio. E mi fermo. Al primo bar in strada. Ho sempre corso, e non ho risparmiato il motore, sempre pronto ed attento. Devo ricordarmi di dire ad Alberto che ha fatto proprio un buon lavoro sotto ai cofani. Meritevole.
Oggi è già caldo qui, a qualche centinaio di metri s.l.m. Più giù sarà peggio; ma non mi curo della cosa: entro ed ordino. Hanno dei simil-toast e ne prendo due. E con la temperatura che c'è fuori opto per un corroborante e rinforzante bicchiere di vino. Noto che il ragazzo che sta dietro al bancone osserva la mia lambretta. E quando esce per portarmi tutto al tavolo che ho scelto, all'esterno, iniziamo a chiacchierare. Mi dice che dovrei "metterci sotto" qualcosa di performante, in ovvio riferimento a modifiche al motore. "Mo' ci dovrèsti mèttere un po' le mani vaccabo', ma quanto fa questa? Sòlo?".
Gli dico che la mia lambretta sta bene così, è uno stambecco, va sempre, non si lamenta mai, a meno che non la urtino con una polo terza serie... È simpatico il ragazzo. E la cadenza del suo italiano mi fa sorridere.
Mentre siedo fuori e mangio tranquillamente sorseggiando un bicchier di vino, arriva un uomo su di uno scooter. Si lamenta subito per il caldo, e a buona ragione. Basso, tarchiatello direi, con un po' di pancia, canottiera arancione da lavoratore edile. Scambiamo immediatamente due parole. Vede la lambretta ed il casco: comincia lui... Lo ascolto: mi chiede se il mezzo è mio e vedendo la targa mi chiede se son lì di passaggio. Gli spiego un po' di cose. Mi dice di essere stato dalle parti di Pordenone qualche settimana prima. È un piastrellista, o almeno, così parmi d'aver capito. Discutiamo di varie cose, è un buon uomo. Abita a poche centinaia di metri dal bar. Pure lui è interessato alle prestazioni della mia puledra. Lui, col suo cinquantino, dice di aver toccato i 110km/h dietro ad un camion. Capisco perché uno dei migliori piloti di sempre abiti a qualche chilometro da qui: nel raggio di svariate miglia non credo ci sia un motore non manomesso. Anche la gente di una certa età ci "mette sotto" qualcosa...
Mi invita ad entrare in bar per offrirmi qualcosa. Accetto volentieri. Discutiamo di lavoro ecc... Ma ad un certo punto il ragazzo al banco scompare e torna con un cappello: "Tò guarda, tieni quèsto così, per ricordo che sei passato di qua. Così ti ricòrdi di nòi". Ringrazio infinitamente. Ma devo andare, oggi la mia calma diventa fretta. Pago il conto ed abbandono questa simpatica e generosa gente. Metto il cappello spiegazzato nella borsa davanti. Si rovinerà un po' forse, ma non ho proprio altro posto.
Così riparto. Verso la costa, direzione Gradara. Ci metto poco a vedere le indicazioni ed il cartello che indica la direzione per la città. Anche questa volta ce l'ho fatta; ce l'abbiamo fatta! Scendo un paio di curve. Si sente già il profumo del mare, un brezza trasporta la salsedine fino ai piedi della collina. Il profumo del sole e delle vacanze.. Mi mancava questa sensazione. È bello riscoprirla...
Faccio altre curve, e trovo il cartello: Gradara. Già la vedo in lontananza. Come vedo il mare sul fondo di questa sorta di cartolina vivace e vivente. Accelero. Non ho mai visto Gradara in vita mia, ma la mia lambretta la deve conoscer, c'è stata in giovane età, me lo ha detto il suo proprietario. Ora ci vengo io, di passaggio; e sempre c'è lei, tumefatta, con l'occhio un po' socchiuso, che sa la strada. E va da sè. Dove sa già. Arrivo ai piedi del castello, riesco a fare un po' di strada chiusa al traffico ma di più non posso. Sto attirando un po' troppo l'attenzione, lo so... Mi sposto giù, fuori dalle mura, davanti ad un bar. Parcheggio e ordino da bere. Sosta breve, solo un passaggio, lesto ma sentito. Non posso trattenermi oltre. Ho un solo faro funzionante dopo la caduta e non posso rischiare di arrivare a casa con lo sfavore delle tenebre, seppur siano notti di luna piena...
Scalcio lesto verso la costa. SS16. Ora in pianura la mia donzella corre come non mai, l'altura l'aveva un po' limitata. Cattolica, Rimini, Cesenatico, Ravenna...
Sosta per rifornimento. Ad un distributore che si dava per aperto ma era chiuso trovo un ragazzo. Mi fa notare che non funziona nulla: "mo guarda un pò che qui non fùnziòna niènte...". Lo ritrovo al successivo. Sbaglio i conti e lascio dentro al distributore 29 cent. Pazienza. Non sono il solo però: il ragazzo di prima ne ha lasciati 50. Che spiriti affini...
Proseguo lesto e fumante, il caldo si fa sentire, ma ogni tanto qualche nuvola mi aiuta, e la brezza della costa un po' assiste ai semafori.
Più avanti, dopo Ravenna, decido di fare una sosta piadina, in un posto piccolissimo. La signora all'interno è molto cordiale, e mi fa scegliere cosa introdurre nel pane lavorato. Attendo fuori consultando orario e strade. Ci sono quasi, dovrei essere a casa prima del buio. Arriva nel frattempo la piadina: buona, accompagnata da una birra. Così rifocillato parto e sfreccio verso nord, passando fuori Ferrara e sbucando, per vie traverse che ignoro totalmente, a Rovigo. Trovo gente che pesca lungo i canali e anche due vecchi che con un attrezzo a rete cercano di rimediare, pescando a tal guisa, la cena per la serata. Un mondo parallelo... Mi fermo a chiedermi se la strada che sto facendo è quella giusta, perché, come nella vita, si corre, si va, sempre. E prima o poi ci si deve fermare e ci si deve pur chiedere; "dove sto andando?". Due lepri si rincorrono nel campo davanti a me: le seguo con lo sguardo. Metafora della vita...
La direzione par corretta. E continuo verso nord. Tutto va bene, il sole sta per tramontare. Passo Monselice, Battaglia Terme, Padova. Oramai ci sono. Passo a salutare due amici ed alla ripartenza, dopo cinquecento metri, la lampadina del faro anteriore, unica funzionante frontalmente, salta. Sono costretto alla sosta. Richiamo Filippo per aiutarmi a sostituire i pezzi. Sostituiamo e tamponiamo il faro. Ora va meglio di prima: non c'è più il rumore fastidioso che mi aveva accompagnato dopo l'incidente. E fa anche meno rumore di quando sono partito la settimana scorsa! Perfetto!
Non passo per casa. Con il mio ronzino carico viro verso la dimora di un Vag a bere una grappa. Mezz'ora dopo sono in un locale a festeggiare con i miei amici, Vag - e non- : birre e concerto! Offro io, perché son tornato, perché sono sano e salvo, perché tra amici funziona così: paga per primo chi ha un motivo valido per farlo. Ed io, di motivi validi, ne ho.
Alle due passate metto il mio sedere nuovamente in sella. È strano capire di andare a casa. E vado piano, perché fa freddo e perché, in fondo a casa non voglio tornare. O forse si... Arrivato trovo Filosofia, la mia cagnolina, che mi attende. Scodinzola e si fa accarezzare. Apro la porta e rimetto nella sua stalla la mia purosangue celeste, tumefatta e stanca. Domani ci pensiamo... Sistemiamo tutto, le dico. Dopo una settimana da solo, parlo anche con lei... Me ne rendo conto e rido. Faccio il primo gradino per salir le scale. Sorrido. Sono stanco, ma va tutto bene. Voglio riposare in po'. Salgo il resto delle scale, apro la porta, vado in camera e scopro che ho sfatto il letto prima di partire. Esausto crollo sopra il materasso, senza lenzuola. Prima di dormire penso. Alla gente che ho incontrato, ai posti che ho visitato, alle cose che ho visto, ai moltissimo favori che ho ricevuto, alla fortuna che ho avuto in certi frangenti del viaggio... Mi ripeto che il caso non esiste. Che tutte le cose possono essere unite con un sottile ma resistente filo invisibile. E muoio di sonno, sul mio materasso, con questo pensiero in testa...













venerdì 8 agosto 2014

Perdersi tra gli imprevisti.


Sole. Oggi splende il sole nella località in cui sono ospite.

Mi alzo ed esco in ciabatte dopo il rito del bagno. Che giornata splendida. Qui poi tutto è bello, solo che non lo sapevo, visto l'arrivo al buio di ieri!
Scendo gli scalini per fare colazione. I gatti mi aspettano e riveriscono, uno lo avevo accarezzato la sera prima, si ricorda di me.
Un ragazzo mi saluta, è della famiglia che mi ospita. Mi accompagna a fare colazione. La madre, addetta al servizio, mi chiede cosa prendo da bere. Simpatica gaffe; rispondo semplicemente: "una bottiglia di vino signora". E ridiamo della cosa. Ma le cose si fanno serie: marmellata, pane e orzo in tazza grande. Tutto bene. Finché non sento ululare ed urlare: lite famigliare in corso, meglio abbandonare la zona...
Al ritorno in stanza inizio a fare o bagagli. E odo da fuori delle voci femminili: "come fai a prevenì er tradimento...? C'è anche quello de testa, sa? Scopa coo te e pensa ad un'altra... E come la mettiamo?". Esco per veder chi è la donna così scaltra ed acuta, saluto con un sorriso e rientro. L'esemplare di femmina in questione ha passato i cinquanta ed è in compagnia di sorella e madre. Sembra lesta. La ritrovo mentre preparo i bagagli sulla mia lambretta. Mi dice che le piace il mio sorriso, mi chiede di dove sono... E per scaramanzia, dopo aver sperato nella mia salute per il viaggio, tocca il mio ronzino, che lei chiama "vespa" -non ancora scalpitante- sulla parte destra dello scudo; per scaramanzia... Mi tocco pure io ma avverto una strana sensazione nell'aria. Lascio perder tuttavia, sarà una mia impressione.
Poco dopo una nuova lite, scatenata dalla signora di cui sopra, imperversa in famiglia. E decido che non voglio ascoltare. Lascio una macchia infima di olio per miscela sul pavimento e scappo via. In discesa.
Decido, poco dopo, di fermarmi al distributore più vicino per fare rifornimento. Il più costoso della zona immagino. E così è. Esoso il petrolio qui. Metto 10 euro ed il mio infallibile intuito mi fa immettere nel se serbatoio esattamente 9,98 euro, di più non riesco, neanche con il comprimere il liquido... Mi faccio ridere. Tengo lo scontrino, per ricordare l'accaduto. Mi rimetto in strada, passo con difficoltà gli 800 metri della galleria di Ponte d'Arli. In congelatore. Un freddo micidiale. Terribile. Immagino di esser al mare per scaldarmi. La cosa funziona. Ho una mente miracolosa.

Ricordo tuttavia di esser senza soldi. E decido una sosta per prelevare contante dalle poste. Mi piace il contante. Tangibile, caldo, morbido e scricchiolante...
Errore. Errore. Errore.
Parcheggio. In un luogo defilato, senza rischi e senza grandi aspettative. Entro nell'ufficio postale. Un ragazzo, tarchiato, di statura mediocremente bassa, che porta capelli non lunghi e codino ipotalamico, mi sta davanti. Parla e paga allo sportello. Lo vedo ma lo ignoro, come un marito, in compagnia della moglie, farebbe con una donna estremamente appariscente che gli fa l'occhiolino.
Esce. Tocca a me. Penso di aver impiegato un minuto per farmi dire che non potevo prelevare a quello sportello... Esco sconsolato, faccio le scale che conducono al luogo in cui ho parcheggiato il mio bolide. E.
Vedo il ragazzo giù dalla macchina, vicino alla mia lambretta, che più non è in posizione verticale. Non faccio a tempo a dire: "no!", che le imprecazione volano. Invento bestemmie per tre minuti consecutivi. Infatti il giovane deve esser rimasto parecchio interdetto per il mio imprecar colorito. Non c'è che dire. Sono stato particolarmente burbero...
Cerco di soccorrer la mia bestia, ferita. Per terra scorre un po' di petrolio, ma tampono tutto subito. Controllo le condizioni oftalmiche. Il faro ha urtato gravemente contro la mura di contenimento della piazza. Che dolore. Lei mi guarda così, contusa, dolorante... Con lo sguardo basso e sofferente. Controllo anche lo scudo. Una botta sul lato destro, dove la signora del B&B aveva toccato, e lievi lividi sul sinistro. Mi accorgo di una botta anche sul cofano sinistro... Che tristezza. Guardo il ragazzo: non sembra un cattivo elemento. Ha la sua bimba di pochi anni in auto. Dice di non aver visto la mia lambretta mentre faceva retromarcia. Mi chiedo e gli chiedo: "ma come cazzo hai potuto NON veder la MIA Lambretta? Come hai fatto a non vederla?". Obbietta e dice: "Si ma anche tu, metterla lì...". E qui scatta un momento di ilare tragica comicità. Spiego che di solito, le cose che stanno ferme vanno evitate. Se un albero è in mezzo ad una strada non è un buon motivo andargli addosso per poi dirgli: "Eh si, ma anche tu, a nascere lì...".
Il ragazzo capisce. Sa di aver sbagliato. Provo a mettere in moto ma non c'è nulla da fare. Non vuole andare. Provo a cambiar candela. Va per qualche metro e poi cede. Muore. Non va. Ritento ancor. Candela vecchie e nuova: parte. Sta in moto. La provo. Sembra non perfetta ma va.
Scatta io momento dell'accordo. Chiamo il mio carroziere di fiducia. Gianni mi dice: "fa a costatasion no?", in perfetto idioma veneto padovano. Obbedisco, e perdo due ore a constatare che io ero fermo e lui non appositamente ha urtato.
Arriva una schiera di parenti a ronzar come api al miele. Risolviamo constatando e facendo agire le assicurazioni. Spero tutto vada per il meglio... Non ne sono ancora certo. Ma ho fiducia.

Riparto col mio stambecco acciaccato, e mi fermo a ritirare in banca. Controllo tutto bene. Il suo faro sembra un occhio triste che mi guarda, sofferente. "Lo so dai, vedrai che sistemiamo", dico ad entrambi.
Riparto fiducioso: ci sono rumori nuovi, provengono dal faro. Lo provo in corsa e capisco che non va, non ho luce. E questo è grave... Devo affrontare una nuova galleria: 1500 metri. Ma proprio ora? Adesso? Si. Sistemo il faro con un tocco sapiente e lo faccio partire. Funzione solo l'abbagliante. Per ora può bastare. Non sento più il freddo, sono immune nella galleria, qualsiasi temperatura ci sia.
Col mio bolide dal volto emaciato e triste proseguo fino ad un bar. Mi fermo. Ordino: due tramezzini -di gusto inutile- e un bicchier di vino. Mi arriva inoltre del vino bianco. Oggi non è giornata... Riparto dopo aver ascoltato dei vecchi giocar a carte. Uno di loro ha difficoltà a parlare, non articola le parole, ma le bestemmie sono comprensibilissime... Nonostante la tristezza per l'accaduto riesco ancora ad ascoltare e a ridere di queste cose. Devo essere un impareggiabile umorista... O esserlo stato in vite passate.
Corro e vado verso Macerata. Poi proseguo per Jesi. Tra i due paesi decido di perdermi. Perdersi è bellissimo, conviene; e mai scelta di più azzeccata.
La strada che passa per Vissani è me ra vi gli o sa! Stupenda. Bella e ancor bella, al quadrato. Mai lo avrei pensato...
Arrivato a Jesi mi fermo. Decido di trovare in bar per sedere e scegliere dove dormire. Mi faccio fare uno spritz su misura, alla veneta. Non voglio quello che fanno qui e che reputano "cockteil". Lo faccio dosare, a mio gusto ad occhio, stando dalla mia parte del bancone...
E viene bene. Chiamo nel frattempo 20 strutture, tutte piene, anche a 30 km dalla costa. Trovo un posto che pago esageratamente... Ma non ho alternative. Prima di partire colloquio con Francesco, un ragazzo che ha visto la mia "vespa"; mi intrattiene per sapere se ci sono vespe 50 a prezzo modico in giro. Mi da un suo contatto, se troverò qualcosa per lui lo informerò.
Corro verso il luogo che ho trovato per riposare. Dista venti km circa da Jesi ma va bene, non ho alternative...
Va tutto beve fino alla strada sterrata che mi conduce all'agriturismo. Impraticabile. Ma non ho scelta: la faccio, col solo faro abbagliante e con tanta fiducia in me stesso.
Arrivato a destinazione mi faccio accompagnare in stanza. Esausto. Guardo le stelle fuori. Che spettacolo di posto ho trovato... E collasso sul letto... Domani si riparte...













giovedì 7 agosto 2014

Verso nota destinazione ignota.

Suvvia! Bella cena iersera! Decisamente. Buona compagnia e buon vino, e non so tirarmi indietro...

Ore 7.56. Mi giro e guardo il telefono. Si, è presto. Troppo presto. Prestissimo. Non dormo mai prima delle 2 passate. Eppur... Voglio dormire ma ho un dubbio. Oggi. Oggi. Oggi: cosa faccio? Non che non abbia idee ma, dopo il giro che i miei custodi vespisti mi hanno proposto e che voglio fare... Che faccio? Scendo a sud o migro a nord? Beh. Facciamo due conti. 
Far due conti è già cosa pessima, farli di prima mattina è deleterio, soprattutto perché so che la mia matematica è sempre smentita nei fatti da qualsiasi cosa mi capiti. Meglio lasciare i conti a se stessi e controllare la mappa. Che come i conti non conta, sempre -pure lei- smentita dalle contingenze. E allora facciamo un piano molto approssimativo. La mia specialità!
Una volta tornati dal raid verso sud, deciderò cosa fare. Rimandare è una attitudine che mi appartiene.

Ore 9.35: finisco di agghindarmi per il giro. Manca la maglietta. Suona il campanello. Assicuro la mia presenza, fuori dalla porta ma già verso il bar, a Luigi nel giro di qualche minuto. Scendo e, a piedi, ci spostiamo di qualche metro per fare colazione. Entrati nel bar, un piccolissimo locale, ritrovo la ragazza che la sera prima mi ha assemblato uno spritz. Era carina e lo è ancora stamattina, dietro al bancone del bar, assieme al suo compagno. Porta gli stesso capelli, le stesse scarpe e la stessa maglietta di ieri. "Forse è un costume di scena", mi dico - e mi auguro.
Ordino coi ragazzi. Orzo e brioche per me. Il tutto arriva puntuale e servito a modo, con l'acqua di cortesia servita in bicchieri di plastica. La radio ci offre una canzone dei Pink Floyd, dal gusto mattutino. Spettacolare inizio di giornata.
Consumo, consumano e andiamo. Mi accorgo, prima di partir, di aver dimenticato l'olio per far miscela. Devo salire a recuperarlo; faccio in fretta e, dopo la sosta al distributore, si va. Prima a recuperare qualche confetto, specialità del paese, poi a visitare la fabbrica Beta Utensili - Robur, dove Luigi Lavora. E per la quale lavora Enzo, l'altro amico che mi ha aiutato logisticamente per il viaggio.
E poi. 
Giubbotto in pelle e luci accese. Destinazione: Scanno, ridente località in quota, a circa 1000 metri, meta di turisti per merito del suo lago. 
Apro il gas e la mia cerbiatta arrampica con stile e classe imparagonabili. Si sa, è una mia creatura!
Saliamo di qualche centinaio di metri ed il paesaggio che mi si para davanti è incredibile. Che bellezza. Che delizia per gli occhi. Io non ho mai visto cose del genere. Tra gallerie scavate "a mano", passaggi stretti sulle rocce, antri naturali e verde lussureggiante, arriviamo ad una insenatura di un fiume. Qui ci fermiamo. Attraversata la strada, un ponte, edificato sopra ad un passaggio elevato romano già esistente, conduce alla grotta di San Domenico. Il paesaggio è mozza fiato. La mia ignoranza scopre le sue sconfinate possibilità... L'aria pulita e fresca sfiora la pelle, il sole accarezza il mio viso. La giornata è soleggiata ma fresca. Si sta bene. La curiosità mi spinge fino alla grotta di San Domenico. Veramente bella, accogliente e con una vista sullo specchio d'acqua antistante invidiabile. Passiamo nuovamente il ponte e accendiamo i mezzi. Andiamo più su, saliamo al lago vero e proprio. 
Ci arriviamo dopo poco. Ed anche qui: bellezza.








Arriviamo al paese. Noto molti turisti, una folla che permea le strade di lingue varie e colori mescolati. Il posto è conosciuto, nonostante la mia ignoranza.
Ci aggiriamo per il borgo, consumiamo qualcosa ad un bar e ci accingiamo e far ritorno, non senza una ulteriore tappa, molto ravvicinata alla precedente, per masticare un panino e bere una birra scura. 







Avviati verso Sulmona il buon Raffaele mi spiega le usanza di un piccolo paese della zona, che festeggia il santo paesano con la cattura e la liberazione di serpi, che poi vengono posate sulla statua ma anche lanciate addosso alle persone. I paesaggi saranno anche meravigliosi, ma qui sembra dominare una lieve bizzarria, dovuta forse anche all'isolamento forzato delle zone circostanti. Ascolto ed apprendo con molto interesse. Scendendo Luigi e Raffaele si danno il cambio alla testa del piccolo serpente fumante che formiamo in maniera eterogenea, cromaticamente parlando. Faccio parte del ritorno in folle, per sentire il rumore della natura che mi circonda. Anche questo le lo hanno insegnato qui... Prima o poi deciderò di togliere anche il casco...
Arrivato a Sulmona saluto la mia guida e, fatti i bagagli, saluto anche Luigi, che si è preoccupato di farmi dono ulteriore di confetti da portare alla mia terra. Questo ragazzo è troppo gentile. Davvero. Quando potrò, ricambierò sicuramente... A buon rendere.

Una volta lasciata Sulmona mi avvio, lesto, verso Popoli e L'Aquila. Ho deciso di tornare verso Nord. Stavolta percorrendo le leggendarie "curve di Popoli". Davvero straordinario questo pezzo di strada che si affaccia sulla valle. Bello da percorrere, e bello da vedere. E finite le curve ricordo di aver dimenticato di fare miscela. Non mi preoccupo più di tanto, e penso che, una volta salito in cima, una buona discesa mi avrebbe aiutato a scendere, anche a motore spento. Ma tutto va come deve andare, ovvio! Al primo distributore mi fermo e faccio 9.77 € di benzina. 20 cent di resto e un caro saluto da parte del gestore. I 3 cent che non mi ha dato rientreranno in gioco prima o poi, non dubito; non dubiti neppure lei, buon gestore di stazione che mi racconta di essersi perso per Padova, entrambe le volte in cui c'è stato, senza saper più dove andare...
Proseguo lesto per L'Aquila. La passo di lato. Accelero e volgo il ferro alla volta di Montereale. Lì farò tappa. 
Arrivo e sosto, nel bar in cui sostano, forse già dal mattino, dei vecchi. Parcheggio in salita, nella direzione inversa a quella verso cui puntavo. Entro ed ordino dell'acqua. La signora, anziana, mi serve con contenuto sussiego. Mi siedo fuori col bicchiere in mano ed osservo questo povero borgo, che ha due bar, uno di fronte all'altro... Controllo le mappe, chiedo informazioni a dei locali sulla strada da percorrere. Verso Ascoli, chiedo. Mi convincono a fare la strada che avevo escluso. Il ronzino è già girato. Sciolgo le briglie, dopo aver pagato un orzo alla signora, e frusto la fiera verso Amatrice, paese di origine della nota pasta amatriciana. 
Corro e mi godo il paesaggio. È freddo, anche col giubbotto in pelle. Vedo un cartello con segnata l'altitudine: 1100 metri. Mi pareva fresco infatti, ma continuo a salire. Scavallo il monte all'ombra, spero che il sole mi scaldi poi, perché davvero ho freddo. 



Arrivo all'incrocio con la SS4 Salaria -ancora lei- e libero i cavalli alla volta di Acquasanta Terme. La mia fortuna si trova lì, lo sento. In poco tempo ci sono. Sempre all'ombra, sempre un po' al freddo.



Da lontano vedo in furgone blu, dietro al quale c'è un locale. Istinto. Mi fermo. Parcheggio. Entro. Chiedo gentilmente dell'acqua. Mi viene data. Esce la proprietaria, che osserva il mio mezzo con ammirazione. 
Iniziamo a discutere, le dico da dove vengo e cosa faccio lì... Simpatica e cordiale mi dice di esser proprietaria di una Renault 4 che ama. Le piace l'avventura; e le cose in po' improvvisate la attirano. Le chiedo se c'è un posto modesto ed economico in cui alloggiare. Annuisce e mi spiega dov'è, a grandi linee... La chiedo se posso avere il numero. Aida, questo il suo nome, si occupa addirittura di prenotarmi di persona la stanza. Davvero gentile questa donna, alla quale, in fiducia, ordino di portarmi del vino ed una pietanza della zona. 
Nel frattempo un motociclista parcheggia vicino al mio bolide a due tempi. Chiacchieriamo di passioni, di moto comperate a 53 anni, di lavoro - commercia fiori, guarda un po' il caso...-; per un po'. Il tempo, per Aida, di fare le cose a modino, ed ecco arrivare mezzo litro di vino - del Montepulciano generoso- pane ed agnello. Che spettacolo! "Chiederò di essere adottato!". Aida merita un plauso. Lodo tutte le cuoche che non vanno in televisione, ma che in luoghi dispersi della penisola sanno davvero far da mangiare come si deve! 



Devo stare attento a quando mi fermo. Spesso, molto spesso, le mie soste, tra cibo e personaggi che incontro, non durano meno di due ore. Questa volta non si fanno eccezioni. Pago il mio debito, forse scontato in qualcosa. Saluto Aida, il suo compagno, che con lei lavora nel locale, ed il motociclista. Vado verso la mia camera. Mi attende una salita al buio totale, di tre km. Con un freddo inusitato per la mia pelle e un timore reverenziale nei confronti della strada, tutta tornanti e curve, che non conosco.
Arrivo a destinazione. Sano e sazio. Chiedo un bicchiere di vino, la meritata ricompensa per gli ultimo tre km percorsi. Salgo in stanza, un posto alla buona ma molto pulito e confortevole. Lascio la mia giovenca a riposare sotto una tettoia all'interno di una corte. Speriamo bene...
Controllo il portafoglio: con desolazione noto che non c'è più molta carta che conti. E non ho molte alternative. Ma come al solito, tutto girerà per il verso giusto. Sempre. E Comunque. 


mercoledì 6 agosto 2014

A Nord di me stesso

Mi desto. Nei miei sogni stavo per uscire con... Non lo so, nè la mia coscienza lo sa, o forse si...
Sento una vespa che arranca a fatica. Il mio telefono squilla, e leggo un articolo su due persone che compiono il giro d'Italia in vespa.
Il figlio del proprietario del B&B ha parcheggiato la sua vespa a fianco della mia impareggiabile lambretta. Sono perseguitato dalla vespa e da Nela...

Preparo la valigia. Direttamente, senza passare dal via. Assemblo le cose e vado a fare colazione. "Cocomero, il figlio di Roberto" mi attende in bar. Ordino e consumo ligiamente. Si sta bene oggi. Splende il sole ed è fresco. Poche nubi all'orizzonte. Tutto scorre a velocità controllata. 
Avviso Roberto della mia dipartita, sciolgo le briglie al mio mezzo, carico, pedalò e vado. È già tardi, e non mi fermerò finché non sarò già verso Sulmona, o mancherà poco. Ultimo consulto telefonico per decidere il percorso migliore da seguire prima di inoltrarmi verso la meta di oggi. Una volta deciso, e una volta saputo che si può far, basta solo decidere come. Io direi: con calma.
Incontro per strada cartelli che annunciano mostre di pittura e cose amene che però non riuscirò a vedere. E quando decido di fermarmi al primo distributore, al secondo, meno costoso, incontro una figura zingara che mi preoccupa. Volto il cavallo e torno al primo distributore, più esoso ma anche più accogliente. Italicamente favellando chiedo lumi sulla strada da percorrere per arrivare a Sulmona. Voglio la più bella. E quella mi viene suggerita, in accordo col mio suggeritore telefonico padano. Riparto col pieno,  ben pagato, e vado.
La Via Salaria è molto bella, mi piace. Si dipana tra curva e salite, tra rettilinei e discese. Succulenta e acida, assolata e adombrata da nubi cerulee e tossici scarichi di bilici carichi di merci. 





Decisamente tosta, non c'è che dire.
Viro verso L'aquila, ma non passo il centro. Non voglio. Sento le crepe, non serve vederle.
In prossimità della città incontro una galleria. Controllo la lunghezza: 1800 metri. Le gallerie di 1800 metri non mi piacciono. Soprattutto ora. Faccio un lungo respiro e mi inabisso nel ventre della montagna. Che paura... Non vedo nulla tanto la nebbia è fitta, non riesco a respirare compiutamente, e il mio cavallo bolso sembra perder brillantezza. E a metà accelero, sperando di uscire in fretta da quell'antro mefistofelico. Corro. Ed all'uscita sorrido e urlo per esser sopravvissuto. Io non ho mai provato una tale sensazione di impotenza. Ma sapevo che sarei arrivato dall'altra parte. Ed il mio ronzino esulta con me. E festeggerei se non mi fossi imposto di arrivare avanti quest'oggi...
Proseguendo una donna, ad una rotonda in una punto grigia, mi sorride ed alza il braccio per salutarmi. Stupito saluto come uno stordito la macchina e la donzella... Chissà chi era.









Proseguo per Sulmona. Non faccio la statale ma la strada vecchia che porta verso Fontecchio e Molina.
La percorro in armonia con me stesso e con la natura che mi circonda, con un filo di gas per sporcare il meno possibile l'aria che si respira qui. Bello questo tratto di strada, sereno. Verso Molina inizia ad alzarsi il vento. Come da accordi con me stesso mi posso fermare qui in zona. Trovo un postaccio. Perfetto. Mi fermo. Parcheggio. Scendo. 
Un signore mi attende sotto ad una tenda. Mi indica l'entrata ed io procedo all'interno del locale. Ordino un panino e del vino, avviso che mi possono servire fuori, mi troveranno là. Non voglio stare dentro.
All'uscita ritrovo il signore e mi siedo accanto a lui. Quando lo chiamano per far il panino lo fermo. Gli dico di propormi qualcosa che non lo faccia lavorare, che sia già pronto. Farfuglia qualcosa ma non so cosa, non capisco; ma annuisco. Non so cosa ho ordinato ma... Ho appetito e andrà bene qualsiasi cosa. Mi avvisano che è pronto poco dopo, ma non voglio entrare e chiedo se possono far servizio fuori. Gentili mi accontentano.
Arriva il vino. Arriva una montagna di pasta al sugo. Arriva anche la macedonia che non ho chiesto. Che servizio!
Inizio a mangiare, ed il proprietario torna fuori. Chiacchieriamo mentre mangio, io a bocca piena, lui a bocca chiusa, con una sigaretta tra le labbra. L'umanità da queste parti ha figure usurate, piuttosto burbere e ha le sembianze della bassa manovalanza operaia ed edile. 
Il fumatore mi chiede che strada ho fatto e perché sono lì. Spiego le mie motivazioni e comprende. Mentre chiacchieriamo invita un suo amico, compagno di fumo, a sedersi con noi. E qui inizia la festa: il nuovo arrivato è basso, magro e simpatico. Ha sempre la battuta pronta ed il fumo che esce dalle narici. E soprattutto ordina da bere per gli astanti, tra i quali io rappresento un terzo del totale. Non posso rifiutare. Sorseggiando discutiamo di lavoro, di politica, di donne e di vino. Ora tocca al proprietario ordinare dell'alcool. E Vabbè. Chi si muove da qui ora? Accetto... Con riserve subito accantonate. 
Gli uomini mi consigliano colture alternative per la mia attività: tartufi. Sembrano funzionare... Ad un certo punto arriva un ragazzo: Armando. Accorre alla mia puledra per constatarne le condizioni: "non c'è male, vero? E non hai sentito come canta...", mi dico. Armando è giovane: con gli altri presenti mi fa domande su come si tratta burocraticamente un mezzo d'epoca. Io rispondo, per quanto so... 
Al gruppo nel frattempo si sono uniti altri due uomini. Il più anziano dei due ha avuto una relazione con una donna patavina, di Torreglia. Lì ha assaggiato per la prima volta: "poenta e oxei. I jera boni!" Esclama con un discreto accento veneto.
La situazione si fa comica, arriva un altro rosso per me, ma devo andare. Entro a pagare il mio pranzo ed un giro di vino; ma la ragazza al banco mi dice che è tutto apposto. Pago la pasta e forse la macedonia, esco e bevo il mio ultimo bicchiere. Troppo ospitali questi signori. Gentili, sinceri e senza peli sulla lingua: le bestemmie ovviamente non mancano. 
Salgo sul mio ferro subito dopo una telefonata da Sulmona, non senza aver scambiato prima i miei contatti con Armando. Qualcuno mi attende poco più a sud.





Accelero e vado. In poco tempo sono con Luigi, un ragazzo del Vespa Club di Sulmona conosciuto tramite un amico che lavora in Beta Utensili, Enzo. Luigi Mi offre supporto logistico in zona per la mia -probabilmente- ultima tappa sudista prima di tornare verso nord; mi ospiterà in un suo appartamento per questa notte. Con lui conosco anche Raffaele, sempre vespista. Sono due buoni ragazzi, gentili e affabili. Scortato da loro compio in giro a Pacentro, bel borgo dal l'impianto ottocentesco, vicino a Sulmona. Raffaele è una formidabile guida turistica. 
Un aborto piovoso rinfresca l'aria di Pacentro mentre visito il castello. Ma l'intenzione di maltempo non è seria, si vede. È solo un tentativo di mettere alla prova la mia volontà. In un attimo la pioggia sparisce. Ci avviamo prima verso casa e poi verso il ristorante, nel quale arrosticini e vino ci fanno compagnia. Con noi c'è un amico Lambrettista con il quale discuto volentieri durante la cena, conclusasi con un giro turistico nella città del sommo Ovidio con tanto di spiegazioni didattiche da parte di Raffaele.
Riprendiamo i mezzi e ci allontaniamo dal centro...




Mi avvio verso il letto, distrutto da una giornata molto impegnativa. Domani vedrò il da farsi... Il Nord non si sposta di un millimetro sulla cartina geografica...