sabato 9 agosto 2014

Home. One-Shot. Jesi - Padova, 350 km. Sempre con classe.


Oggi sarà una lunga giornata. Lo sento...
Una volta alzati non ci si può più tirare indietro. Almeno non oggi. L'appartamento che frequento soffre di solitudine. Cerco di consolarlo tenendo tutte le porte aperte, cosicché la mia presenza si espanda in ogni stanza, ma questo comporta il fatto di aver luce piena, non appena sotto il sole, in camera da letto. La cosa mi permette di essere mattutino. E di controllare la cartina stradale prima di partire. Oggi la strada sarà molta. Punto verso casa, dopo una capatina in un luogo particolare: Gradara. Quella è la mia meta oggi.
Deciso - in accordo con il mio navigatore virtuale - la rotta, decido anche di puntare le scale per scendere a fare colazione. È già caldo e sono appena passate le nove: gran sole oggi, l'astro si sta assai impegnando, non c'è che dire... Lodevole.
In ciabatte, maglietta e pantaloncini mi guardo in giro. Ma che spettacolo. La luna mi aveva fatto intuire la sera prima che il posto fosse bello, ma ora posso dire: incantevole. Nel mio tragitto tra la porta d'uscita ed un gazebo -dove voglio mi sia consegnata la colazione- sento rumore di "tuffo", d'acqua, di piscina. Volgo lo sguardo a sinistra e... Incredibile. C'è la piscina! Non l'avevo vista ieri, mannaggia... Mi era sfuggita col favore delle tenebre. A saperlo, un bagno iersera lo avrei fatto, quasi senza dubbio! Ma pazienza. Mi siedo sotto ad un chiosco/gazebo, da solo. A due metri da me una famiglia sta consumando il rancio mattutino. Mi viene proposta la colazione: dolci o pane e marmellata? Faccio portare tutto. Perché tanto sarà tutto buono. Ed infatti: la magnifica vista del paesaggio collima con il gusto della marmellata e dei dolci portati.
Nel frattempo continuo ad interrogare il mio telefono per trovare una lesta, ma non trafficata, visto il periodo agostano e la giornata di festa, strada verso casa. E verso Gradara. Interrogo anche i personaggi locali, soprattutto per non rifare la strada bianca della sera prima, che mi è costata qualche giorno di vita e qualche ruga in più...
Paolo mi spiega che è del posto ma abita a Roma da molto e comunque non saprebbe dar sagge indicazioni. Il proprietario della struttura invece, mi offre qualche possibilità in più ma... Sempre su strada bianca. Mi spiega come uscir da quel dedalo ed andare verso Gradara. Cerco di immagazzinare le informazioni datemi, ma sono troppe. Andrò fino ad un certo punto e poi vedrò. Annoto: Barbara, Castelleone di Suasa, Mondavio. E speriamo.
Carico zaino e borsa, saluto i proprietari che gentilmente mi chiedono una recensione su TripAdvisor della loro struttura ed avvio la mia sciancata ma coriacea fiera. Non perde un colpo, non molla mai, ed ha la forza di un autotreno. Ci intendiamo, a vicenda, a pelle.
E così mi avvio, si strade bianche e senza indicazioni per qualche chilometro. Chiedo indicazioni ad un signore che si sta tenendo in forma correndo, e ad un tedesco. Ma non un tedesco qualsiasi: uno di quei tedeschi a cui piace l'Italia, che ha lasciato il suo paese per comprare casa e terreni qui e che probabilmente vive in modo tranquillo con la sua teutonica pensione. Lo vedo spingere una carriola. Sudato. Lo fermo e chiedo. Mi risponde metà in inglese e metà in italiano. Capisco tutto. Indicazioni precise. È un tedesco, è in Italia e conosce le strade meglio dei locali. Lo saluto, e vado, pensando che anche così l'estero compra l'Italia. Perché è bella, è spettacolare e perché per loro, forse, è meno difficile viverci, certe volte.
Tuttavia vado, e trovo agilmente la strada, con intuito e con la mappa. Vado spedito tra le colline.
Fino a Montecchio. E mi fermo. Al primo bar in strada. Ho sempre corso, e non ho risparmiato il motore, sempre pronto ed attento. Devo ricordarmi di dire ad Alberto che ha fatto proprio un buon lavoro sotto ai cofani. Meritevole.
Oggi è già caldo qui, a qualche centinaio di metri s.l.m. Più giù sarà peggio; ma non mi curo della cosa: entro ed ordino. Hanno dei simil-toast e ne prendo due. E con la temperatura che c'è fuori opto per un corroborante e rinforzante bicchiere di vino. Noto che il ragazzo che sta dietro al bancone osserva la mia lambretta. E quando esce per portarmi tutto al tavolo che ho scelto, all'esterno, iniziamo a chiacchierare. Mi dice che dovrei "metterci sotto" qualcosa di performante, in ovvio riferimento a modifiche al motore. "Mo' ci dovrèsti mèttere un po' le mani vaccabo', ma quanto fa questa? Sòlo?".
Gli dico che la mia lambretta sta bene così, è uno stambecco, va sempre, non si lamenta mai, a meno che non la urtino con una polo terza serie... È simpatico il ragazzo. E la cadenza del suo italiano mi fa sorridere.
Mentre siedo fuori e mangio tranquillamente sorseggiando un bicchier di vino, arriva un uomo su di uno scooter. Si lamenta subito per il caldo, e a buona ragione. Basso, tarchiatello direi, con un po' di pancia, canottiera arancione da lavoratore edile. Scambiamo immediatamente due parole. Vede la lambretta ed il casco: comincia lui... Lo ascolto: mi chiede se il mezzo è mio e vedendo la targa mi chiede se son lì di passaggio. Gli spiego un po' di cose. Mi dice di essere stato dalle parti di Pordenone qualche settimana prima. È un piastrellista, o almeno, così parmi d'aver capito. Discutiamo di varie cose, è un buon uomo. Abita a poche centinaia di metri dal bar. Pure lui è interessato alle prestazioni della mia puledra. Lui, col suo cinquantino, dice di aver toccato i 110km/h dietro ad un camion. Capisco perché uno dei migliori piloti di sempre abiti a qualche chilometro da qui: nel raggio di svariate miglia non credo ci sia un motore non manomesso. Anche la gente di una certa età ci "mette sotto" qualcosa...
Mi invita ad entrare in bar per offrirmi qualcosa. Accetto volentieri. Discutiamo di lavoro ecc... Ma ad un certo punto il ragazzo al banco scompare e torna con un cappello: "Tò guarda, tieni quèsto così, per ricordo che sei passato di qua. Così ti ricòrdi di nòi". Ringrazio infinitamente. Ma devo andare, oggi la mia calma diventa fretta. Pago il conto ed abbandono questa simpatica e generosa gente. Metto il cappello spiegazzato nella borsa davanti. Si rovinerà un po' forse, ma non ho proprio altro posto.
Così riparto. Verso la costa, direzione Gradara. Ci metto poco a vedere le indicazioni ed il cartello che indica la direzione per la città. Anche questa volta ce l'ho fatta; ce l'abbiamo fatta! Scendo un paio di curve. Si sente già il profumo del mare, un brezza trasporta la salsedine fino ai piedi della collina. Il profumo del sole e delle vacanze.. Mi mancava questa sensazione. È bello riscoprirla...
Faccio altre curve, e trovo il cartello: Gradara. Già la vedo in lontananza. Come vedo il mare sul fondo di questa sorta di cartolina vivace e vivente. Accelero. Non ho mai visto Gradara in vita mia, ma la mia lambretta la deve conoscer, c'è stata in giovane età, me lo ha detto il suo proprietario. Ora ci vengo io, di passaggio; e sempre c'è lei, tumefatta, con l'occhio un po' socchiuso, che sa la strada. E va da sè. Dove sa già. Arrivo ai piedi del castello, riesco a fare un po' di strada chiusa al traffico ma di più non posso. Sto attirando un po' troppo l'attenzione, lo so... Mi sposto giù, fuori dalle mura, davanti ad un bar. Parcheggio e ordino da bere. Sosta breve, solo un passaggio, lesto ma sentito. Non posso trattenermi oltre. Ho un solo faro funzionante dopo la caduta e non posso rischiare di arrivare a casa con lo sfavore delle tenebre, seppur siano notti di luna piena...
Scalcio lesto verso la costa. SS16. Ora in pianura la mia donzella corre come non mai, l'altura l'aveva un po' limitata. Cattolica, Rimini, Cesenatico, Ravenna...
Sosta per rifornimento. Ad un distributore che si dava per aperto ma era chiuso trovo un ragazzo. Mi fa notare che non funziona nulla: "mo guarda un pò che qui non fùnziòna niènte...". Lo ritrovo al successivo. Sbaglio i conti e lascio dentro al distributore 29 cent. Pazienza. Non sono il solo però: il ragazzo di prima ne ha lasciati 50. Che spiriti affini...
Proseguo lesto e fumante, il caldo si fa sentire, ma ogni tanto qualche nuvola mi aiuta, e la brezza della costa un po' assiste ai semafori.
Più avanti, dopo Ravenna, decido di fare una sosta piadina, in un posto piccolissimo. La signora all'interno è molto cordiale, e mi fa scegliere cosa introdurre nel pane lavorato. Attendo fuori consultando orario e strade. Ci sono quasi, dovrei essere a casa prima del buio. Arriva nel frattempo la piadina: buona, accompagnata da una birra. Così rifocillato parto e sfreccio verso nord, passando fuori Ferrara e sbucando, per vie traverse che ignoro totalmente, a Rovigo. Trovo gente che pesca lungo i canali e anche due vecchi che con un attrezzo a rete cercano di rimediare, pescando a tal guisa, la cena per la serata. Un mondo parallelo... Mi fermo a chiedermi se la strada che sto facendo è quella giusta, perché, come nella vita, si corre, si va, sempre. E prima o poi ci si deve fermare e ci si deve pur chiedere; "dove sto andando?". Due lepri si rincorrono nel campo davanti a me: le seguo con lo sguardo. Metafora della vita...
La direzione par corretta. E continuo verso nord. Tutto va bene, il sole sta per tramontare. Passo Monselice, Battaglia Terme, Padova. Oramai ci sono. Passo a salutare due amici ed alla ripartenza, dopo cinquecento metri, la lampadina del faro anteriore, unica funzionante frontalmente, salta. Sono costretto alla sosta. Richiamo Filippo per aiutarmi a sostituire i pezzi. Sostituiamo e tamponiamo il faro. Ora va meglio di prima: non c'è più il rumore fastidioso che mi aveva accompagnato dopo l'incidente. E fa anche meno rumore di quando sono partito la settimana scorsa! Perfetto!
Non passo per casa. Con il mio ronzino carico viro verso la dimora di un Vag a bere una grappa. Mezz'ora dopo sono in un locale a festeggiare con i miei amici, Vag - e non- : birre e concerto! Offro io, perché son tornato, perché sono sano e salvo, perché tra amici funziona così: paga per primo chi ha un motivo valido per farlo. Ed io, di motivi validi, ne ho.
Alle due passate metto il mio sedere nuovamente in sella. È strano capire di andare a casa. E vado piano, perché fa freddo e perché, in fondo a casa non voglio tornare. O forse si... Arrivato trovo Filosofia, la mia cagnolina, che mi attende. Scodinzola e si fa accarezzare. Apro la porta e rimetto nella sua stalla la mia purosangue celeste, tumefatta e stanca. Domani ci pensiamo... Sistemiamo tutto, le dico. Dopo una settimana da solo, parlo anche con lei... Me ne rendo conto e rido. Faccio il primo gradino per salir le scale. Sorrido. Sono stanco, ma va tutto bene. Voglio riposare in po'. Salgo il resto delle scale, apro la porta, vado in camera e scopro che ho sfatto il letto prima di partire. Esausto crollo sopra il materasso, senza lenzuola. Prima di dormire penso. Alla gente che ho incontrato, ai posti che ho visitato, alle cose che ho visto, ai moltissimo favori che ho ricevuto, alla fortuna che ho avuto in certi frangenti del viaggio... Mi ripeto che il caso non esiste. Che tutte le cose possono essere unite con un sottile ma resistente filo invisibile. E muoio di sonno, sul mio materasso, con questo pensiero in testa...













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