mercoledì 22 gennaio 2014

Amore e perizia...



  

Era la metà degli anni '60. E Mario era un falegname che, lavorando duramente, aveva aperto da non molto un negozio di mobili. Lui assieme ai suoi due fratelli. Aveva due figli; le tre famiglie giravano tutte con la stessa macchina; a turno ovviamente. A domeniche alterne. Era una FIAT, e sopportava di tutto.
Qualche anno dopo, nel 1970, gli affari cominciarono ad andare bene. Le prospettive erano buone, ad anche un po' blu. I tre fratelli entrarono in un concessionario e comprarono tre auto, una ciascuno; ma per ciascuno la stessa. Stesso modello. Una Mercedes 220D. La mia è l'ultima rimasta.



"Con onore vado in moto tutti i giorni, per 29 anni, senza problemi, senza mai abbandonare nessuno ai suoi soli passi, trasportando polli, legname, persone e cose. Sempre. Senza chiedere nulla più di quello che mi viene dato, e senza dare nulla più di quanto posso. A 29 anni lascio. Anzi. Vengo lasciata. Sfiancata nel corpo dalle lunghe e oberanti trasferte montane invernali; aggredita, mangiata, sfregiata da quel sale che tanto mi è nemico. Bucata. Cucita e ricucita alla buona. Un colabrodo, quadrupede deambulante.
Sverno per anni – tredici- in un ospizio, sempre provvisorio, sempre buio; e umido. Ma lo spirito è vecchio e sano. Non mollo. Sono tenace. Molto. Ed attendo; mi dico: l’invincibilità dipende soltanto da noi stessi; la vulnerabilità del nemico dipende soltanto da lui...".




“Mi raccomando... faccia un buon lavoro. Non la voglio nuova, la voglio vecchia, ma con un po' di dignità... quella dignità che si dimostra nel portare gli anni che si hanno, senza ricorrere a bisturi o chirurgia...”.
“Eh, ciò... femo, femo...”.
Ed infatti, fecero...



 È freddo. Non che a dicembre ci si possa aspettare altro. Ma è freddo anche per essere dicembre. Decido che è venuto il momento. Lei deve andare, farsi curare; e tornare. Non splendente; ma bella. Nonostante il ruggito del motore decido che girare in provincia senza targa e senza documenti potrebbe essere una ottima idea per risparmiare i soldi di un restauro e tramutarli magicamente in una multa ed un sequestro del mezzo, che mezzo non sarebbe; sarebbe intero, ma paragionabile ad un cassonetto. Onde evitare disguidi al mio scarno portfogli, appesantito solo dalle metalliche monete europee, decido che è meglio che Lei viaggi a seguito, o meglio: a carico. Non la vedo partire, il lavoro mi chiama altrove. Lascio solo un comandamento: “Gianni: sia gentile e non le faccia del male...”. “Eh ciò!”.
So che si prenderà cura di Lei, lo so; Gianni ha la passione per i vecchi rottami, ne cura molti e lo fa con amore e perizia... E sarò con lui.