Non è un inverno freddo... tuttavia
non credo riuscirei a muovermi spavaldamente in lambretta. No, non mi
sembra il caso. Anche se non ho un mezzo con cui muovermi.
11 gennaio 2014.
Un sabato, di gennaio. Stasera devo
preparare tutto affinchè gli artisti che vilmente commercio possano
esibirsi al meglio delle loro possibilità. Ciò significa marketing.
Ciò significa public relations. Stare in giro, chiacchierare...
Esserci insomma. E io ci sono, sempre; o quasi. Anche perchè,
probabilmente, ci sarei comunque; e tanto vale...
La serata inizia
sulle 22, una “birraccia”, come la chiamano qui, ed una piadina.
Arrivano amici ed il locale già suona blues. Anzi: è il gruppo
blues a far suonare il locale.
Tutto si protrae tranquillamente, ed io
ho già fatto il mio lavoro. Finisco alle 3 passate, quando inizia a
fare fresco, quando la nebbia è già alta, quando per terra già è
umido. Il mio mezzo – fuoristrada - va. Corre. Ma rimane un
fuoristrada. E decide, per sua natura e di sua spontanea volontà, di
farmi fare un giro con lui. Più che un giro: mezzo. E va, fuori
strada, portandomi con sè, ad esplorare un fossato, a baciare un
ponte.
Mi ritrovo con la porta dell'auto sopra
la mia testa; un indesiderato tettuccio arduamente apribile. Sento la
puzza di qualcosa... che non conosco. Ma capisco dal candore
all'interno dell'abitacolo che devono essere esplosi tutti gli airbag
possibili. Non trovo i miei occhiali; recupero il telefono in giro,
ed esco, con difficoltà estrema, in verticale, in mezzo alla nebbia.
Da solo. Policontuso ma illeso. Impreco variamente e ripetutamente
prima di rendermi conto di essere intero e di dover, per questo,
ringraziare il cielo che ora non vedo, coperto com'è da Sorella
Nebbia. Decido di avviarmi verso casa. A piedi.
Non faccio a tempo a cominciare il mio
pur breve tragitto; due fari mi vengono d'innanzi. Accostano. Si apre
il finestrino: una voce femminile. Anzi due. Hanno visto l'incidente
e hanno invertito la loro rotta per soccorrermi. Mi chiedono se
voglio un passaggio. Desisto al primo tentativo. Al secondo cedo. E
salgo.
Il giorno dopo decido di andare a vedere in che condizioni versa la mia carovana ambulante, tanta roba ho dentro...
Distrutta.
Buona per lo sfascia carrozze. Anzi:
per l'estero mi dicono, di due come la mia ne faranno una. Accetto
l'amaro destino e le contusioni blu che minacciano la mia carne.
Abbandono i miei 140 cavalli ma recupero un vagone di cose,
accumulate in qualche anno...
Va tutto bene.
Va tutto bene.
Tutto va, bene o male, come deve
andare.
Credo.
E ora attendo... Miss Mercedes, l'estate e con lei il mio ferreo destriero a miscela...
Va tutto bene...
Credo.