sabato 23 novembre 2013

Vagabondi destini incrociati.

Non sempre decido chi o cosa cercare.
Spesso sono le persone e le cose a decidere di cercare me.


In una normale - normalissima - giornata, Borsa Valigia decide di trovare me. Non ci eravamo mai incontrati prima, io e Borsa. Eravamo dei perfetti sconosciuti. Lei lì, in un angolo, sola; mi guarda, con la cinghia un po' cadente, con quell'aria di indolenza, di insoddisfazione, di frustrazione. Vagabonda senza arte, datata. Di lei si potrebbe forse dire: "vintage"; ma si offenderebbe. Perchè vintage è di moda, e Borsa non è di moda, non ha deciso di essere "la" moda. Lei è fatta proprio così. La segna l'età; il tempo l'ha invecchiata, lei, che pur non sembra aver fatto grandi fatiche o essere sopravvissuta a molti stenti. Lei che ha passato una vita vuota, chiusa al mondo, senza estranei e senza amici veri. Lei... mi guarda. Io: la guardo. Noto che Borsa non è una borsa come tutte le altre: lei è una Borsa, con la "B" maiuscola. E lei nota me; che non devo essere uno come tutti gli altri; io sono Uno, con la "U" maiuscola. Mi avvicino a fatica, superando ostacoli e perigli di ogni sorta, cime di legno e di plastica, deserti di ferro e di tela. Lei sta lì, indifferente, con lo sguardo fisso e la maniglia al cielo. Finge di non notarmi, ma io lo so. So che non sbaglio. La sua indifferenza è solo una maschera; ha imparato dalle bambole di ceramica e tela che la frequentavano spesso, prima di stabilirsi al suo nuovo domicilio. Le avevano insegnato come si deve comportare una Signora Valigia. E lei ha imparato, e ora recita la sua parte. Ed io recito la mia: salto due mobili degli inizi del Novecento, schivo agevolmente due bancali di materiale organico; procedo a piccoli balzi; felino mi faccio, per non farla scappare, come si farebbe con una lepre impaurita. Ora è a pochi centimetri da me. Imposto la voce. Altisonante declamo la mia battuta: "Valigia! Sei Mia!". 
Lei tiene la parte; non sorride, non si muove. Ma capendo che dovevo arrivare si è fatta trovare pronta, con la maniglia al cielo. E quello era il segnale.
La prendo. 
La accompagno a casa mia. La lascio riposare; le dico di farsi una doccia, di stare tranquilla. Di fare come se fosse... in albergo. Di mettersi comoda e a suo agio. Nel frattempo preparo un aperitivo, così possiamo festeggiare la nosta conoscenza, fulmineamente reciproca...
Non le chederò la sua ergogenesi. Se le interesserà, le parlerò di me; faremo chicchiere in libertà. Ci conosceremo. Le parlerò del vecchio ferro color petrolio che sto curando. 
E diventeranno amici. 
Lo so.

sabato 9 novembre 2013

E questa? Ovvio: Mercedes.



Cercavo, cercavo; e cercavo. Cercavo da parecchio tempo ma forse non avevo mai avuto il coraggio di cercare veramente. O forse ascoltavo troppo i consigli di chi mi era molto vicino...  Nel non credere sapevo di sbagliare. Lo sapevo. 
Sento che sbaglio mentre sbaglio.



"Diego. Voglio una Mercedes del 1992. GPL. Non ho denaro per permettermi altro che sia affidabile e che funzioni, almeno per qualche anno, finchè non mi sistemo un po' con le finanze... Lo so che è da zingari, da papponi; ma io son fatto anche così... va bene, no?".
E Diego mi dice: "Ma cazzo, se cerchi una Mercedes, ne ho vista una io, l'altro giorno, a casa di Danilo. Non come quella che cerchi credo. Vecchia però, è lì da un pezzo. Ma devi parlar con lui, la vuole buttar al ferro vecchio, prova a sentirlo, è lì, gli è di impiccio anche"
"Ma vecchia quanto?"
"Guarda, non lo so. L'ho vista al buio"
"Ma, com'è?"
" Se era buio, ti ho detto. Ma so che è una Mercedes. [...] Prova a sentirlo ti ho detto!"
Si; me lo dice. E se me lo dice...

"Ciao Danilo, sono io, come va? [...] Senti: sto cercando una Merceds. [...] Ma infatti, mi ha detto Diego che hai u [...]"

Sopralluogo.
Oggi nevica, è un freddo e perturbato giorno d'inverno. Se mi muovo io per andare a trovare un mio amico non può che nevicare e tirar vento. Lo sa anche Danilo. Arrivo a casa sua e ovviamente mi fa notare come il cielo si imbufalisca per quella volta in cui mi muovo e per andarlo a trovare. Sorridiamo assieme alla cosa e ci scaldiamo con un caffè.
Già. Con Danilo ho calcato le scene per qualche anno, recitavamo con Diego, Eleonora, Silvia, Marco e tanti estranei che sono diventati amici di cui ci si può sempre fidare; quelli che ti aspettano sempre, soprattutto perchè sempre dico loro che passerò a trovarli; aspettano soprattutto perchè la mia volontà cozza spesso con la relatività del mio tempo che tende un po' troppo a stritolarmi.
Arrivo nel parcheggio. Soffia la Bora su Venezia e l'Adriatico e l'entroterra lo fa notare. Per quanto siano spessi i nostri vestiti l'aria penetra tra le pieghe della tela e lambisce la carne. Il mezzo è lì, la neve comincia ad ammassarsi sulla sua opaca superficie. Ma si vede. Una Mercedes 220D(iesel), con i fari verticali. Lo so. Lo so. Quando la porterò a casa dovrò trovare un posto per farla albergare. Lo so. Quando mi vedranno arrivare con questa "cosa" dovrò essere pronto a sentirne di tutti i colori. Lo so. Sento che non sbaglio mentre non sbaglio.



In effetti...
Io non volevo proprio lei. Volevo un'altra. Più giovane, più affusolata, più veloce. Insomma: più. 
Ma il fato volle che io trovassi lei; e che lei trovasse me. Ed eravamo lì. Lei, abbandonata, rischiava una fine ingloriosa. Tutto fu abbastanza chiaro...


Pronto per il prossimo tour.