Mi piacciono le cose vecchie. Non per feticismo. Non per partito
preso. Ma perché mi piace capire come erano fatte. Amo carpire i segreti
e scovare i particolari del "dietro le quinte". Ma soprattutto mi
piace il design e la forma di certi oggetti, indipendente dal fatto che
siano ufficialmente preziosi o meno.
Venerdì. Un giorno di metà maggio. Programma della serata: smantellare e riassemblare un palco. Due o tre ore di lavoro. Poi...
Tornare
verso casa ed andare nella ridente località di Fossalta per assistere
al passaggio della 1000miglia, in compagnia di amici e, sporadicamente,
ma non troppo, di qualche "birraccia" che ben conosco.
Parto
alle ore 18, già in ritardo. Prevedo di completare l'opera per le 21 ed
in mezz'ora arrivare alla metà per gustarmi l'evento. Tutto abbastanza
semplice a dirsi. Ma ho fretta. Voglio fare presto. Arrivato al palco
esagero: smonto viti e tolgo le barre di sicurezza. Corro da una parte
all'altra, va tutto bene, tutto come previsto. Finché... uno dei
pannelli ai quali ho tolto la sicura non si sposta di mezzo centimetro.
Io
corro, salto sul palco, ignorando che quel pannello non fosse più in
sede. Attraverso lo spazio e metto il piede in fallo. Errore.
In
mezzo secondo mi ritrovo per terra con una gamba sanguinante ed un
polso dannatamente dolorante. Inveisco al cielo. Ripetutamente. Mi
massaggio le ferite. Non è nulla di grave ed il mio collega mi offre una
birra per festeggiare. Ma la gamba brucia ed il polso pulsa. Devo
rallentare le operazioni. O soffrire di più.
Decido di
resistere. Voglio andare a veder lo spettacolo comunque. Chiamo i miei
amici almeno cinque volte per annunciare che arriverò in ritardo. Non è
bello organizzare una festa e non esserci quando questa si svolge. Per
nulla.
Finisco il lavoro. Più dolorante che mai. Alle 23. È
tardi. Molto. E temo di perdermi la cosa più importante della corsa.
Voglio veder passare Brian Johnson, con la sua Jaguar. Almeno quello...
Prendo
il mio mezzo da lavoro. Accelero. Corro. Freno il meno possibile e solo
se indispensabile. Sfreccio verso nord ed in quarantacinque minuti sono
a destinazione. Manca poco alla
mezzanotte. Parcheggio a meno di dieci metri dalla meta, la sorte mi
assiste e mi permette di passare tra la folla, nel tratto di percorso
riservato alla gara... Faccio caso ad una cosa in particolare: la gente
che attende alla manifestazione tiene in mano una bandiera. Da un lato
il logo della manifestazione, e dall'altro... Un simbolo che
riconoscerei a chilometri di distanza: Mercedes. "Sarà di buon auspicio"
mi sussurro da solo...
Raduno
i miei amici che già hanno assistito a quasi metà gara; ordino delle
birre per festeggiare la mia sopravvivenza al disguido sanguinante di
qualche ora prima; controllo i numeri delle macchine che passano. Ed
inizio ad avere il sospetto che la mia attesa rock star non sia ancora
passata. Faccio delle foto per capire come possa essere il risultato di
una istantanea: pessimo. Ma non importa, proverò lo stesso. Mi metto su
bordo della strada.
Voglio vedere, osservare, gustare questi capolavori
della meccanica e dell'estetica di altri tempi sfrecciare; li voglio
sentire scalare le marce, lasciare nell'aria quel profumo di benzina
Euro 0, del tutto illegale e criminale, ma estremamente affascinante.
Osservo. Mi stupisco per le linee moderne pensate di più di sessant'anni fa. Per
le prestazioni e la bellezza di alcuni mezzi. Per la cura maniacale ed
esagerata che viene prestata nella manutenzione e nell'estetica. Sono
affascinato da... tutto. Ed attendo. Attendo. Attentamente.
E
la mia attenta attenzione attendente viene premiata. Con il numero 261,
una Jaguar del 1953, sfreccia lui. Riesco a fotografare male.
Malissimo. Indossa un berretto nero. Ma è lui e lo so. Lo immagino con
un sorriso, scalare le marce per poi accelerare. Con una maglietta
nera... Grande.
Una volta passato però non riesco a
staccarmi dalla strada. Il fascino di queste vecchie ferraglie mi
trattiene con forza. Vedo tra tutte un modello, bello, stilisticamente
morbido ma aggressivo nell'impatto: una Mercedes SL3000. Di metà anni
'50. Penso, tra me e me... È un amore a prima vista... Prima o poi ne
voglio una.
Mi allontano di dieci metri per ordinare qualcosa
di alcolicamente dissetante e per guadagnare un posto a sedere. La
serata prosegue e le auto continuano a passare. Fino alle due la gara
prosegue ufficialmente. Voglio vedere la fine. Voglio. Se il dolore alla
gamba me lo permette...
Tra le due e le tre, dopo la
chiusura ufficiale della manifestazione, vedo passare ancora qualche
auto. Le si riconosce, oltre che per l'età, per il numero esposto sul
fianco... Immagino abbiano avuto qualche problema da risolvere...
Alle
tre passate decido che è il momento di tornare verso casa e di medicare
le ferite al polso ed alla parte inferiore della gamba. Raccolgo un
amico e lo accompagno alla macchina. Un Vag non si lascia mai solo...
Stanco
e dolorante arrivo a casa. Mi curo. Dilavo con l'acqua le fatiche della
giornata. Mi distendo. Ad ogni giorno basta la sua pena.