sabato 2 agosto 2014

La pianura è piatta.

Ore 10.21. Sveglia digitale. Non è grave. Non ho dormito, dopo la festa dell'altra notte. Quindi va tutto bene. 
Mi alzo senza svegliarmi, finalmente. Tant'è... 
Ritualmente mi guardo alo specchio e decido di lasciar perder... Non sono più recuperabile. Assolutamente. 
Corro a preparare le valigie. Non è da me. Ma resisto. E  soprattutto, non è cosa nemmeno per i miei compagni di viaggio. Oggi avrò la scorta: una moto davanti è una moto dietro. Come i presidenti, come le star di Hollywood. Come le persone che contano veramente. Partenza prevista per le ore 12. Ovviamente le valigie mi trattengono, e non riesco ad essere puntuale. Come se non bastasse i mie fidi compagni di viaggio tardano. Pure loro. Le donne sono terribili. E dopo aver mangiato la partenza è posticipata alle 14.30. Impreco in molte lingue, ma ciò non è importante. E soprattutto non anticipa i tempi...
Partiamo, su tre moto. Anzi: due più la mia nana bipede motorizzata, in quattro. Direzione sud. E passata Monselice inizia il deliquio. 
Io credo di esser un uomo di mondo, ma le cose che ho visto nella bassa padana sono difficili da raccontare. Un po' come quelle che il buon Dante dice di no saper scrivere e descrivere una volta arrivato in paradiso.
Innanzi tutto: le produzioni alimentari della zona sono impressionanti. Non esiste il piccolo appezzamento: esiste solo la grande distesa di... qualsiasi cosa. Frutta, ortaggi, cereali, mais. Tutto è enorme. La terra non manca. E nemmeno i trattori. L'area pullula di ruralità meccanica. E le terre si sciolgono alla vista.
Inoltre. 
Assisto ad una gara ciclistica che come traguardo ha una... cosa. A cui non posso credere. Sembra il sud del modo... Il traguardo è uno stendardo. Una babdiera. Su un camion. In mezzo alla strada. Non ci posso credere...



Tuttavia... Noto con piacere che la cultura non manca: un "Cinema Nuovo" sorge in mezzo alle campagne. Il comunismo ha fatto sorgere in queste terre un'entità  astratta, che di nuovo non ha più nulla oramai, nè il nome, nè l'edificio, oramai in rovina... Vedo la struttura in corsa, pericolante, dolorosamente in difficoltà. Mi chiedo che film potessero proporre... Ma non mi curo di lor, guardo e passo, lesto, inseguendo i miei compagni, che oggi fanno strada per me, e mi accudiscono, come angeli custodi. 

La strada in verità non riserva grandi cose. Ma in mezzo a tutta questa coltivata desolazione inizio a sentirmi inerme. Disarmato. Inabile. È tempo di una pausa corroborante. Lo spirito ne gioverà di sicuro. Al primo bar dopo la sosta carburante, e dopo qualche ora di viaggio, decido che il tempo è buono per fermarsi. Ed i miei compagni sono della stessa idea. Non dubitavo...
Vedo un personaggio dai capelli lunghi, crespi e bianchi. Entra nel bar ed esce. Con due pacchetti di sigarette in mano. Un uomo del posto. Indossa una maglietta che arreca la scritta: "Shampol/Paolo parrucchieri". Rido e sorrido in compagnia, sorseggiando uno spritz, mentre gli altri trangugiano una "bicicletta", appellativo locale per la "radler". Stento a credere a quanto sento ma... Così è da queste parti. Dopo la sosta, un mezzo a quatto ruote con un rasa erba sul tetto attraversa la strada. Io credo di non aver mai assistito a tanto, e sorrido fotografando la scena. Voglio esser sicuro di aver una certa credibilità al mio ritorno, quando racconterò certi episodi.



Ripartiamo. 
L'aria è fresca a 70 km/h, indipendentemente dai limiti. 
Una cosa che mi colpisce particolarmente però, sono le insegne e gli annunci che incontro durante la strada. Non avrei mai immaginato ci fosse qualcuno, al mondo, dedito al commercio di "budelle". Mai. Eppure qui tutto ciò esiste e sussiste, chissà da quanto tempo...



Gli annunci bizzarri non mancano. O forse sono io a non capir quanto importanti siano certe cose qui...



Verso le sette di sera decidiamo che è arrivato il momento di riposare. Traducendo: cibo e riposo si rendono necessari. Celermente ci dirigiamo verso Meldola, ridente località a sud di Forlì. Arriviamo alla metà designata, per tempo prenotata. Dopo aver chiesto informazioni circa i luoghi deputati alla somministrazione di cibo in zona, decido che un chilometro a piedi è già abbastanza per meritare una cena da poveri viandanti. Arrivati, pedibus calcantibus, a destinazione - in una taverna rude ma accogliente- carne e vino locali ci rendono sazi e felici. Non potevo chieder di meglio, soprattutto dopo l'abbandono sul tavolo, dopo il caffè, delle bottiglie di liquori. 







Terminati bicchieri e bottiglie decidiamo che, sotto il cielo coperto da sorella Luna, il nostro tempo è finito. 
Esausto corro tra le braccia di Morfeo. Una doccia mi purifica. Domani è un altro giorno. In solitaria, verso sud.



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