giovedì 30 luglio 2015

On the road. 29 luglio. Epic.

Non attendo la sveglia, è lei ad attendere me. Aspetta che mi svegli, e suona, un'ora dopo...

Ore 7.59. Sono sveglio e voglio dormire. Respiro a fondo e mi rigiro. E giro ancora. Dormo disteso da sveglio, come un vampiro, solo che non aspetto il buio. Il materasso è confortevole, tutto mi fa pensare che stare a letto va bene. Va benissimo. Fa benissimo. E obbedisco... Fino alle 9.01.

Mi alzo, apro le finestre, osservo il panorama, in mutande, a petto nudo. Che spettacolo questa corte, costellata di vecchie case e mattoni. Bello. Etereo. Lieve. Come l'aria fresca nelle narici. Mi dedico alla mia persona, passando per bagno. Torno in camera, assemblo le stesse cose di ieri e mi vesto. Alla buona, tanto per far colazione. Al piano di sotto tutto è già pronto. Caffè, biscotti friabili bianchi, pan tostato e carta e penna. C'è un concorso indetto dai proprietari del BeB: massimo 40 parole. A vanvera. A scelta. E io so scegliere a vanvera, lo so fare. E lo so far bene. Premio: una notte gratis presso la struttura. Non so se vincerò, ma non me ne curo, e scrivo le ultime due frasi del mio vagabondare quotidiano, buttate giù la sera prima. Hanno carattere. Piaceranno. E mentre scrivo mi abbandono alla colazione selvaggia, compresa una dose massiccia di caffè. Non necessario, ma pure utile, assieme a quei buoni biscotti. Che pacchia! Che bello!

Lascio la sala e torno in camera, per preparare le borse. Ripasso in bagno, prendo le mie cose, serro tutto e una volta sceso, esco. Carico il mio somaro di razza, stringo i paramenti, monto in sella e. Basta.

Scendo.

Mi sono dimenticato di tirare il filo della frizione, ieri non mi sembrava a posto, pur a frizione in azione il mezzo tendeva ad avanzare, senza forza, senza irriverenza, ma con quel po' di sfrontatezza che non mi piace. E quindi, da dottore qual sono, plurilaureato e col beneficio della lode, opero. Giù il cofano. Recupero la chiave da 10 nel vano sotto sella - scomodo, caspita, cazz- la estraggo dalla tela, bianca - una volta- e agisco. Svito di un paio di giri la vite di regolazione, e stabilizzo tutto. Tampono le mie mani, madide di sudore e cosparse di olio, e torno in bagno a ripulirmi. Asciugo, scendo. Chiudo. Salgo. Saluto mosche e cavalli. Metto nella stiva un pacchetto di biscotti che Elisabetta mi ha regalato. Scalcio. Vado. Fumante lei, scoppia di salute! Che ecologica bellezza! Che puledra!

Da qui sarà tutta SS12, fino a Pievepelago. La SS12 è bella, sinuosa, tortuosa, oggi particolarmente ventosa, ed insidiosa. Buche ed ostacoli non mancano. Ma li supero tutti. D'altra parte son quasi solo su questa via, un cavaliere solitario... Con calma, risoluto, arrivo a quasi 1200 metri di altitudine. È verso questo apice sommo che noto uno dei pochi mezzi in circolazione andare a velocità sostenuta nella mia stessa direzione. Una panda, color della neve, nuova, a metano, condotta da una bianca suora, mi sorpassa... O sorella. Che il buon Altissimo la benedica!

Si allontana, non veloce, ma più solerte di me nel pigiare l'acceleratore verso la sua meta. Per il resto tutto scorre liscio e bello. In poco tempo sono a Pievepelago, tappa designata per il rifornimento mio e della mia docile belva di montagna. Olio e benzina. E vino per il conducente, pur io devo carburare! Mi fermo ai rispettivi bar, per lei 6 litri di benzina, per me un bicchiere di rosso. In questa occasione lei beve più di me, lo so. Ma rimedierò. E dissetati, sotto venti favorevoli, voliamo verso Passo delle Radici. Il paesaggio è incantevole, colorato - per quanto ne possa capire- e profumato. Ogni tanto qualche folata di liquame  interrompe il profumo dell'erba e di qualcosa che non so descrivere ma che ho sentito solo qui. Un profumo che si fa inseguire, ma che non riconosco un altre cose. Seguo il mio olfatto, come un signore, un baffo, che trovo sulla strada segue con lo sguardo la mia lambretta, decidendo alla fine di salutarmi. Che coppia! Le nostre livree luccicano al sole! Fino alla meta, posta a 1529 metri.

Arrivo in seconda marcia. So che questo è solo uno stop provvisorio, una sosta breve. Voglio infatti arrivare a San Pellegrino in Alpe, più in alto. Mentre sosto nel parcheggio della foce delle Radici e osservo la strada che mi attende, l'occhio mi cade su una scritta, bianca, impressa sull'asfalto. Una freccia stilizzata sormonta la parola EPIC, e punta la strada che sto per percorrere. Senza dubbio. Appoggio un piede a terra, tolgo il cavalletto, mollo la frizione mentre accelero. D'un tratto arrivo a 1796 metri. Mi avvisa un simulacro cristiano... Vedo San Pellegrino, ed è tempo di fermarsi. Bar.

Parcheggio. Scendo. Osservo. E la prima persona che vedo è Capitan Findus. È lui, che invecchiato ora porta gli occhiali, in compagnia di Mortisia Adams. Rubo una foto, non per privare qualcuno della propria immagine, ma per poter esser creduto. Entro, ed ordino. L'ordinazione richiede del tempo, circa 10 minuti. Non so bene il perché, ma un bicchiere d'acqua e uno di vino ci hanno messo del tempo ad essere pronti sul banco del bar. Ed in verità, devo anche dire che non mi interessa punto di quanto tempo ci abbia messo quel signore tremante a preparare tutto, poiché nel frattempo mi ritrovo ad osservare una partita a carte tra due anziani giovanotti. Di uno, però, so una cosa: l'amico pensa che possa vincere anche con degli stracci in mano, l'ho sentito, l'amico, confidare tal segreto all'oste. E caspita, mi vien voglia di vincere a quel tavolo. Ma il proposito è insano. Su. Dai... Lascio tutto per i bicchieri. E mi accomodo fuori, così non ci penso più. Sosto mezz'ora, al fresco, tra Capitan Findus e un nuovo compagno d'avventura, il cosiddetto "idrovora". Idrovora, toscano vegliardo, calvo e azzurro, in compagnia della sua Amelia, appariscente bionda cotonata, non sta zitto un attimo; racconta e dice: "Amelia hara, se te tu saphessi... Quella hosa che ti discevo...". Idrovora sta zitto solo per rafforzare il suo soprannome. Idrovora... succhia il gelato con la cannuccia dal suo bicchiere, e fa un rumore che lo si sente fino in valle. Idrovora ad un certo punto mi ha proprio deluso; finisce il gelato. Proprio mentre io finisco o il vino. Allora entro. Guardo il tavolo dei giocatori di carte. Guardo il banco. Pago il conto di ben 1 euro. E me ne vado, scalciando il pedale del mio bolide a 10 centimetri dal povero idrovora...

Il paesaggio è incantevole. Ma la discesa che mi attende verso Castelnuovo di Garfagnana è olimpica. Perlaputtana, che ripida! Ricorda quella dell'Aprica che feci di notte... Ma che impressione! La percorro coi freni tirati, tutti! E me la cavo con stile, giù, verso la valle. Una volta sceso le strade cominciano a comporsi, a dividersi, a dirimersi. Ma... Quella scritta, quella freccia. EPIC. Lei non mi abbandona. Ogni volta che perdo la retta via ritrovo lei, stampata sull'asfalto; dopo la seconda volta, decido allora di seguirla, tanto non ho meta, non ho compiti. Vado ad istinto, intuito, e non sbaglio.

EPIC, con freccia. La trovo sulla strada. Lo stilemma sembra lì per me, ma prima di me qualcun altro sarà stato EPIC! Ma non importa, ora lei è per me. E seguendola arrivo fino ad Aulla, sulla strada poi per Pontremoli. Che spettacolo! Esattamente dove dovevo andare, senza quasi impiegare cartine. Non voglio pensare al caso...

Verso Pontremoli chiamo per recuperar un posto per la notte. Trovo un BeB. Lo raggiungo. Ad attendermi una bella famiglia, con due ragazze carine, sorelle. Stile Pin-up! In pendant con il mio selvatico ammasso di puledri. Mi preparano anche la cena, gentilissimi. Passiamo il dopo cena a discutere, tutti assieme, in salotto. Tutto piacevole. E tutto va. E domani si riparte...

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