giovedì 8 agosto 2013

Firenze e Chianti: corre il cielo sopra di me.






Sono testardo. Lo so. Troppo. Preferisco il sangue al burro, ma posso migliorare. Tuttavia, preferisco anche aggirare le regole piuttosto che infrangerle. Sono fatto così. E quando sbatto la testa contro i miei errori mi fa male.




Ore 7.45: sveglia umana in azione.
Due ragazze entrano nella sala di "Gesù Maestro", il mio alloggio provvisorio. Tanto provvisorio che è il luogo in cui stazionerò di più in questi giorni. Una stanzialità provvisoria insomma. Sono animatrici del gruppo a cui aderisco esternamente grazie ad un'amicizia di cui godo da anni. Don Barujo, come lo chiamo io, è amico di infanzia. Ne abbiam fatte di tutti i colori assieme. Le bottiglie di grappa vuota non lo possono più ricordare, ma il loro vuoto fa da sacro testimone.
Le donne mi fanno visita - ho l'impressione di aver già sentito questa frase- e mi svegliano: la colazione sarà pronta in dieci minuti. O meglio, loro dicono qualcosa che io distrattamente, nel torpore del primissimo risveglio, dico di aver capito, ma che mi si rivelerà più compiutamente alla coscienza almeno cinque minuti dopo. Elaboro. Sobbalzo e mi alzo. Non sono ancora in ritardo. Spalanco per andare in bagno. Oggi non salgo in Lambretta: "...only legs" -come mi disse ieri l'arguto forestoero -, la mia testa lo sa e cerca di compensare come può. Arrivo a tavola. Più che tavola una mensa: 30 persone almeno. Si sente un odore di ormone in subbuglio nell'aria, sono dalla parte dei maschi. Ovvio: devo guadagnarmi la loro fiducia, questo è il motivo della mia permanenza. Una volta saziato lo stomaco prendo una guida con cartina della città offertami da Don Luca, un caffè in cucina e decido di partire. Di scoprire. A piedi.









Esco: sono già in centro.
Magnifica Firenze, ad ogni piè sospinto lo sguardo verticale da turista che mi ritrovo mi stupisce. Ovunque mi giri è bello.
Santa Maria Novella, Santa Maria del Fiore, battistero e campanile di Giotto... Marmo, pietra, sudore e sangue; questa non è plastica, sotto non c'è il marchio Made in China! Spettacolo a cielo aperto. Gironzolo tra queste meraviglie ma non entro. In compenso scopro che la porta del battistero di Ghiberti è una copia del 1990 e non l'originale. Ho visto la copia quindi anche l'ultima volta che ci venni, molto tempo fa? Certo che si. La mia ignoranza dilaga.
Viro verso le cappelle medicee passando in mezzo alle sempiterne bancarelle. Noto che il pellame, giacche, borse, cinghie, cinture, ecc... è un commercio in mano a marocchini e nord africani. Non mi stupisco, la cosa non mi è nuova.
Arrivo davanti alle cappelle e osservo: bello. Tutto bello. Un Wine bar attrae la mia attenzione. Sono solo le 10.45 ma un vinello toscano potrebbe rinfrancare la mia gola arsa al caldo sole mattutino.











Chianti, senza dubbio.
Ordino in bicchiere di Chianti. La mescita è generosa ed il mio stomaco, soprattutto vuoto, si prepara. Al primo sorso si rallegra. Vorrei chieder dei crostini, qualcosa di salato, ma vedo al banco solo brioche e dolci vari: desisto. Il Chianti si fa apprezzare anche così. La clientela del locale è varia, stranieri per lo più, dopotutto lo sono anche io... Arriva anche il cugino spagnolo degli ZZTop, accompagnato dalla sua donna. Una coppia memorabile di cui voglio un effige che rubo imprudentemente.
Finisco di sorseggiare il calice e la gradazione si fa sentire. Mi alzo dalla sedia: una bella botta, senza dubbio, a stomaco vuoto l'alcool si fa sentire... ma con che classe! Pago il conto. Mi viene chiesto se sono uno studente; ovviamente rispondo di si, ma di un'altra città, Venezia. Provo che la cosa è vera mostrando un tesserino universitario che tengo sempre con me per queste occasioni. Pago con uno sconto, senza batter ciglio; sorrido, saluto, mi avvio lento, molto lento, sotto il sole nella città del giglio. "Devo sembrare proprio uno studente" penso, con la borsa a tracolla e il vestiario "scanzonato" che mi copre. Probabilmente questo wine bar riserva sconti agli squattrinati studenti universitari, facendo pensar loro che questo sia il migliore locale del centro che possono permettersi. Promuovo la loro iniziativa, senza dubbio; e promuovo anche l'occhio gentile della cameriera che ha fatto il conto; poteva fidarsi, anche senza tessera di prova! Il vino mi attutisce i sensi, o forse è il caldo, o forse la commistione micidiale dei due. Decido che a pranzo voglio offrire la stessa ebrezza a chi mi ospita ed entro in una vineria per recuperare una bottiglia di rosso. Chianti. Ovvio.










Il negoziante mi aspettava, ansioso. Chiedo del vino, rosso, toscano e buono, come quello che ho bevuto appena qualche minuto prima. Mi consiglia una bottiglia che prendo senza dubbio, non senza prima aver avuto prova della sua perizia enologica. Logorroico, anche dopo il pagamento della bottiglia, mi dice che è lì da anni e che l'attività era prima del padre. Non nello stesso posto, ma 100 metri più in là dove ora sorge in hotel di lusso della famiglia "Diesel". "Rosso", correggo io. Si, certo, lo so... Mi parla di hotel di lusso, di crisi, di suite da dodici milioni di lire, di vini costosi non più venduti e dei bei tempi andati, quando uno sceicco comprò dieci milioni di lire di bottiglie dal babbo.
Serve una cliente e torna da me. Per sbrigare la faccenda al più presto -lo stomaco urla: "per favore, ingoia un tozzo di pane, aiutami- dico che tornerò nel pomeriggio. L'intenzione era buona, il risultato meno. Dice che è sempre lì, tranne mezz'ora per mangiare, che la sorella è in vacanza e la deve sostituire, che è lì fino alle 19.30 circa. Mando in pausa il cervello, spero entri un cliente. Così è e ciò lo costringe a favellar idioma straniero. Prima intelligentemente mi congedo. Non so se tornerò. Ma il vino a pranzo era buono: 14 gradi, che poi apprendo esser 13 perché lo scarto ammesso è di circa un grado alcolico. Perizia enologica italica!
Sudo prima di arrivar al tavolo dell'istituto in cui albergo, il vino non fa più effetto, sceso com'è tra la pelle e le tele che mi adornano le pudenda ed il torso.
Rinnovo il gusto del Chianti poi, seduto davanti ad un piatto di pasta, in compagnia.




Riposo.




Partenza per San Miniato.
Il mio compito: far camminare lestamente dei giovani sedicenni in piena crisi ormonale. Il problema: si fermano a guardare e a commentare ogni figura femminile in giovane età. La soluzione: distrarli, parlar di auto, moto, motori, sigarette ed usare il turpiloquio dialettale più becero; far pressione dicendo che più si va avanti, più gnocca c'è. La cosa funziona, ho una dote naturale: distraggo.



Arriviamo in cima e all'inizio della salita vedo due ragazze. Sembrano prostitute sul bordo di una strada. Anzi: io le voglio vedere come tali, tanto sono stato abituato a vederne in giro per l'Italia in questi giorni!
Inoltre scorgo un mezzo da collezione, azzurro; mai visto uno simile. Che sarà...?







La città è ai miei piedi, si vede tutta. La storia è sotto ai miei occhi. Mozzafiato.
Nota comica: una maleducata e retrò famiglia del sud gironzola per la piazza. Sembrano recuperati, come i loro vestiti, da fine anni '70. Vedere per credere!





Salgo a San Miniato, col mio cicerone consacrato, amico di infanzia. Fuori in basso ci attende il cimitero con nomi illustri di Firenze e della storia italiana. Sopra la più bella chiesa di Firenze. Piccola, accogliente, suggerisce introspezione. Bellezza.
Fuori una bimba gioca col suo giocattolo, in mezzo al piazzale. La invidio, mi sento bambino anche io.
Sta volta sto fermo, io, e corre veloce il cielo sopra di me.













Mi corico dopo una doccia e un pasto caldo, in compagnia anche delle sorelle proprietarie del convento. Fuori tre ubriachi napoletani schiamazzano e si prendono in giro tra di loro, a turno.
Riposo. Domani direzione Barbiana e Padova. La strada è lunga. E spero non piova. Ma non lo voglio...






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