martedì 1 novembre 2016

On the Road - 25 Agosto


Respiro. A fondo.
Più di una volta.
Ore 7.49. Pronto. One shot, come da tradizione. Cambia il mezzo, ma io son sempre lo stesso. O quasi.
Tuttadunfiato, dicorsa, finoacasa. E sia! Sarà così. 700 km di strade ad alta percorrenza o autostrada, con un mezzo che ha quasi 50 anni, passando da Monaco, Innsbruck e Brennero. Io non sono ottimista, ho solo una immensa fiducia, ed è sempre così. Diversamente non sarei partito.

Bella mattinata qui, dai grandi Puff - che detta così...
Dicevamo.
Bella. O almeno credo! Dopo 10 giorni, finalmente una camera oscurata per riposare. Oramai non ci facevo più caso. Sapevo che, nel caso in cui avessi visto un po' di luce, mi sarebbe bastato volgere la fronte verso il lato più scuro della stanza. Ed invece oggi non è così! E checcaspita! Finalmente! A sud le cose cambiano, anche qui, anche al nord!
E comunque – rimembro tra me e me- ognuno è sempre più a sud di qualcun altro...
A è grandioso. Porta la colazione per tutti, recuperata da un bar vicino all'alloggio. Caffè e cose al pane e cioccolato. Carica giusta per il lungo tragitto. Sorseggio e bevo in questa dimora, strutturata un po' come una vecchia casa con corte centrale, circondata di edifici in legno e con una entrata abbastanza ampia da far passare tranquillamente il mio carrozzone che ho parcheggiato praticamente col bagagliaio di fronte alla porta di servizio della nostra temporanea dimora. Tanto per essere comodo.

Dopo la colazione si parte, stranamente in orario. È fresco fuori, ventilato, tutto sembra bello e azzurro, come la fascia superiore del vetro anteriore della mia Bella sferragliante, che protegge dal sole parte dell'interno dell'abitacolo. Direzione Bamberga, poi verso Monaco, sempre autostrada, corridoio europeo E45, che ben ricordo e che mi ha accompagnato qualche anno fa verso Sulmona. Questa strada parte da Karesuvanto in Finlandia e porta fino alla fine della terra, a sud dell'Europa, e anche un po' più in là, terminando a Gela. In sostanza, a parte qualche curva, sempre diritto. Salite impegnative e gravose ci attendono. Un po' guiderò io, un po' A, così, per dividere sperequamente la lunga corsa a piede pesante.

E si va, con finestrini aperti, senza l'inesistente climatizzatore, col rumore del motore a farci compagni ed il sole ad abbronzarci, anche all'interno dell'abitacolo. Il vetro degli anni 60 non è così antiUV, e gli occhiali da sole servono quasi quanto la crema solare... E con qualche magnifica ed ecologica fumata nera ci si arrampica sui monti. Che poi, suvvia, che quei macigni che annoverano 300 cavalli e 3 tonnellate di peso peggio fanno al nostro bel pianeta, rispetto alla mia cavalla pazza, che a pieno carico va, modestamente, con 16 km/l, in qualsiasi condizione o avversità.

Poche soste, solo alle stazioni di servizio: bevo io, e bevono i cavalli, in maniera abbastanza indifferenziata al distributore. E la gente va e viene, senza curarsi di nulla.

C'è una teoria. Che approvo. L'autore di tal teoria è conosciuto, è A.
È la teoria della
donna = manza o scrofa.
Vorrei darne notizia al mondo.
La fauna femminile locale fa qualche eccezione, lo si deve dire. Anzi, qualche eccezionale e notevole eccezione. Ma mediamente, qui, una donna di media età è tracagnotta, lineamenti poco lineari - tipo cantiere stradale - bionda o biondiccia, occhi azzurri, dall'andar ciondolante e poco poco sensuale. Peso medio notevole o comunque importante. Insomma, tutto è abbondante e un po' ampio. Peso e volume insomma, e stop.
E da qui prende le mosse la teoria.
Qui, se la donna non è fatta a cubo non la si fa uscire di casa. E se non ha un peso specifico importante, di un certo tipo, non la si ritiene neppure degna della cittadinanza.
Insomma, se la donna non è DONNA, ella non è, e basta.
E la teoria viene - quasi sempre - rispettata. La grazia della donna italica, in ogni caso, non ha rivali.

E via, andando di Autogrill in Autogrill. C'è folla in giro oggi. E tra la folla due ragazzi.
Diesel. E pranzo. Nulla da annotare. Finisco di cibarmi ed esco. Attendo gli altri per salire in auto e ripartire. Nell'attesa due ragazzi, uno biondo, molto biondo, altezza normale ed uno moro, più smilzo, chiedono un passaggio verso Verona. Girano il mondo, in autostop, e chiedono anche a noi. Ma non ho posto. Sono carico. Saluto e ripartiamo.
Saliamo verso l'Austria, salite impegnative, il sensore dell'acqua sale, pure lui. Tutto sale! Ma lei resiste, teutonica purosangue agee, e al primo Autogrill dopo il Brennero ci si ferma.
Lì incontriamo nuovamente i due ragazzi. Hanno trovato un passaggio intero, dritto, viaggio unico Monaco-Verona.
Ci si saluta, saremo entrambi nei nostri reciproci ricordi.

E poi via, verso Trento, Valsugana, Bassano del Grappa, e via, ancora più in là, con l'aria di casa tra le narici, campi, mais e industrie, paesaggio noto, e il rumore del motore negli orecchi. Col fischio della cinghia servizi che mi accompagna, e un rumore all'anteriore destro, probabilmente la testina della ruota macinata sulle devastate autobahn tedesche, piene di lavori e di polvere, di sassi e di detriti.
Ma la mia ferrata féra resiste, tranquilla, indomita. Non cede, mai. E corre e sferraglia su strade già battute, conosciute. Breve il percorso ancora, e la meta è raggiunta, dopo quasi 4000 chilometri, stranieri e lontani, campagne gialle e lisce, verdi, brulle, strade dritte ma tortuose, code e corse, sorrisi e cenni, motti e gesti, pollici all'insù, acqua. Odori e colori, birra e carne, sale. Bizzarie di varia natura e specie, camere speziate e maleodoranti, paesaggi vuoti e pur spettacolari. Corse leggere, a fil di gas, a favor di vento, pulite. Risate semplici e grasse. E quel che resta è questo. Depositato nella memoria, come il fondo del buon vino. E si porta a casa. Tutto. Perché tutto è quello che resta.

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