mercoledì 28 maggio 2014

Nei limiti.

Mi sveglio. Con dolore. Ho passato l'altra notte a guidare. Con difficoltà. Il sonno si fa sentire ma devo esser sveglio e lesto. Destinazione Germania. Visita ad una azienda da milioni di euro di fatturato all'anno. Passaggio obbligato per portare a casa una collaborazione, un contratto commerciale. Le briciole per sopravvivere. Alle 8.00 sono in sala per la colazione. La proprietaria dell'hotel è carina, simpatica, gentile e disponibile. Vedo la sua Opel full optional con sedili in pelle parcheggiata all'esterno... Non la invidio. 9.30 partenza. Destinazione GASA Germany. 




Prima di partire un brivido mi percorre, la pelle lo testimonia: ho la sensazione che qualcuno mi voglia parlare, dire qualcosa. Non nelle vicinanze ma a miglia di distanza. So già tutto; intuito. La carne sente prima della testa. Ho la capacità di capire e conoscere le cose, a distanza. Se mi concentro su una cosa o una persona so cosa mi vorrà dire. È strano ma è così. Percepisco. E non sbaglio...
Ma abbandono questo sentimento, chiaro e forte, e proseguo per la mia strada. A velocità  controllata.
Due ore di viaggio per incontrare Howard, un ragazzo giovane e gentile, agente commerciale per l'Italia. Mi spiega tante cose: come funziona l'azienda, profitti, origine dei prodotti e, cosa più importante, metodi di collaborazione. Mi offre una crema di asparagi della sua terra adottiva. Qui l'asparago è il più quotato di tutto il nord Europa. Ed è di certo vero. Il pranzo è senza dubbio gradito e di buon gusto. 
Parliamo di politiche aziendali, di futuro e di possibilità. Anche in Germania le cose sono molto labili ed il presente è poco certo. Ovviamente...
Vedo cose che non avrei mai immaginato di poter vedere e conosco gente di varia geografica provenienza. Piante artefatte in produzione intensiva e pronte allo smercio. Imparo che i trasportatori sono dei selvaggi e che non ci sono alternative: a loro ci si deve affidare e di lor ci si deve fidare.
Ma ho fretta. Ho un appuntamento ancora per oggi, a più di 200 km di distanza. Mi sono soffermato troppo tempo nella terra dei vichinghi. E Jeroen mi attende ad Aalsmeer. Sarò in ritardo di almeno un'ora. Ed accelero, dopo il cauto ma gentile commiato, in direzione Amsterdam. 
Durante la strada incontro Herby, il maggiolino tutto matto, numero 53. Mi guarda in mezzo ad un prato verde. Forse sapeva del mio passaggio. E penso: "ma allora esiste davvero!". Pensavo fosse solo uno sbiadito ricordo d'infanzia... Attendo che apra una porta o un cofano per salutarmi, e che il clacson emetta una vibrazione. Nulla di ciò. Devo ancora aspettare, non sono ancora pronto per certe cose...





Lungo la strada incontro altri mezzi datati, guidati da gente -all'apparenza- rilassata. Invidio, anzi, desidero, quello stile, regolare, equilibrato, tranquillo e... bianco. Quello stile che io non ho e non penso di poter avere...  Vedo la vita di chi conduce quei mezzi. Osservo la luce nei loro occhi. Tutto odora di pace e tranquillità... Quella che io non ho e non avrò. Ma corro verso la meta, in ritardo, sul ferro misto a plastica che mi supporta - e sopporta- con pazienza. Passo vecchi mulini e pale eoliche che ugualmente mi salutano, volteggiando a tempo nel basso ed azzurro cielo olandese, dominato in questi giorni dalla nostra chiara stella e da una temperatura notevolmente elevata. Quasi italica. 




Cerco di tralasciare troppe cose che non posso vedere con calma, pur alla rispettabile velocità di 80 km/h... Slow. Per forza... Ed in palese ritardo arrivo da Jeroen, commerciale per l'Italia di una azienda che commercia piante provenienti dall'asta. Non qualità ma numeri. Tanti. Molti. Forse troppi. Forse grandi. Jeroen è gentile. Mi chiede come sto, esce a fumare ed io lo inseguo. E non posso non notare una Fiat 500 parcheggiata da immemore tempo sotto alla scala che conduce al suo ufficio. Un po' impolverata. Non è sua di certo. Ma fa un certo effetto vederla lì, in un capannone industriale, con le ruote un po' sgonfie, la carrozzeria non perfetta... Vorrei chiedere se è possibile farci un giro, ma non ho troppa confidenza, e mi accontento così di osservarla, nella sua livrea bianca. Da sola. Sotto alle scale in ferro zincato che le fanno da cornice.
Parliamo io e Jeroen. Ma la nostra collaborazione sarà forse possibile quando sarà il tempo della neve nel centro Europa. Ne riparleremo. Forse. 
Mi congedo da questo onorevole e riconoscente ragazzo olandese dalla posticcia, ma stabile, pronuncia italiana. Sa farsi capire con i vocaboli che conosce. E questo basta. Sono le sette e mezzo passate. La cena troverebbe un buon posto nel mio stomaco. Vorrei provvedere. Ma sono ospite stasera, e non posso fissare io orario e luogo per dar al mio ventre, all'istante, il suo meritato salario. Attendo Leo. Sono suo ospite... 



Appuntamento in una trattoria "italiana". In verità di italiano io vedo solo la scritta sull'insegna. Entro. Le cameriere, carine ed educate, bionde ed azzurre, sono lontane dai canoni estetici italiani. Sento in lontananza qualche parola che mi ricorda l'italico idioma ma non ne sono sicuro. Saluto Leo, un omaccione sui cinquanta, dal capello biondo e riccio. La ragazza che ci accompagna al tavolo si può intender solo con lui. Non parla la mia lingua ma mi sorride. Una volta seduto ordiniamo da bere. Birra. Speravo in un vino rosso ben strutturato, da meditazione, profumato; da gustare con della carne, bovina e cotta. Ma mi accontento anche del liquido locale, o meglio, della giallastra bevanda tedesca che mi viene offerta, gentilmente. Ma non rinuncio alla carne. Leo mi legge nel pensiero, ed ordina anche per me. Con patate, fritte e rifritte credo, data la spessa doratura che sento scricchiolare sonoramente nella mia bocca. Tutto molto buono. Morbido e croccante; gli estremi mi piacciono. Ed ovviamente mi limitano, mi contengono; quando possono.
Parliamo di tante cose. Poco di lavoro. Anche se la cosa più interessante che ho scoperto riguarda proprio questo ambito. Leo ha una agenda colorata. Ma proprio a colori. E funziona così: con quattro evidenziatori diversi identifica i prodotti che deve comprare, che ha comprato, che ha perso all'asta, che deve ricontrollare. Per me il sistema risulta complicato e macchinoso. Per lui è uno scherzo. Anzi: non lo è per nulla; Leo senza l'agenda a colori è finito. Lo dice lui stesso. Senza evidenziatori la sua struttura mentale salta. Non ci sono schemi. Solo colori. Da 25 anni oramai è così. Il 2014 per Leo è la sua macchina ibrida, il cellulare nuovo. L'aria che respira è olandese, di metà anni '90, poco più... Ed i colori sono di dieci anni prima. 
Ma Leo è anche un compratore. Di uomini. Paga la cena e paga l'hotel. 300 euro per "comprare" un cliente non è male. Poco; ma quanto basta per dovergli un minimo di riconoscenza. Per sentirti legato in qualche modo alla sua generosità. Per far sentire un cliente ben accetto e di una certa importanza. Non associo le cose e so che nessuno, qui, fa niente per nulla. Se non in alcuni casi eccezionali. E questo caso non rientrava nel novero delle eccezioni. Mi faccio "non-eccezione", per 24 ore. Poi tornerò libero; sfitto. E mi sento già meglio al sol pensiero, godendo dello splendido luogo in cui albergo per qualche ora di riposo. 
Mentre fuori diluvia ed imperversa un nordico temporale, penso che domani tutto andrà bene, tutto sarà perfetto. Comunque vada. Perché le cose vanno sempre e comunque come devono andare. Il caso non esiste.








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